Dossier: Inquisizione: oltre la leggenda nera

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    Roberto Mezzana

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    Per un inquadramento storico dell'Inquisizione



    Molte mistificazioni sviluppate dalla "leggenda nera" iIIuministica-massonica-marxista circondano le Inquisizioni.
    Gli storici le hanno sfatate.
    Ma resistono nell'immaginario collettivo.
    Facciamo chiarezza.


    1. La "leggenda nera" dell'Inquisizione

    La storia dell'Inquisizione può essere affrontata solo risolvendo preliminarmente il problema delle distorsioni interpretative che ne sono state date nel corso, in particolare, degli ultimi due secoli. Chi non ha occasione di svolgere studi specialistici, probabilmente non conosce l'Inquisizione, ma l'immagine distorta che di essa ci è stata tramandata dalla sua "leggenda nera", che romanzi, film e saggi storiograficamente discutibili continuano a diffondere. Leggenda che nasce quando i ribelli olandesi protestanti dei Paesi Bassi spagnoli, sollevandosi contro l'imperatore Filippo II, iniziano a inondare l'Eur9pa con valanghe di libelli, opuscoli e manifesti che presentano la Chiesa Cattolica, e in particolare il tribunale dell'Inquisizione, come un'istituzione capace di ogni barbarie. Lo scopo di questa pubblicistica è suscitare la solidarietà dei Paesi protestanti con la causa dei rivoltosi olandesi. La "leggenda nera" conosce poi un ulteriore sviluppo quando Voltaire (nella cui corrispondenza con il re di Prussia Federico II l'espressione "schiacciate l'infame!", cioè la Chiesa Cattolica, ricorre circa 150 volte) e gli illuministi utilizzano il tribunale inquisitoriale come simbolo dell'oscurantismo e dell'intolleranza clericale.
    Nell'Ottocento, liberali e massoni si sono sbizzarriti nello stesso esercizio: alterare la realtà storica e celebrare le "vittime" dell'Inquisizione (è il massone Francesco Crispi a permettere la costruzione del monumento a Giordano Bruno in piazza Campo de' Fiori a Roma) trasformandoli in martiri del libero pensiero. Infine nel Novecento, alla massoneria si è unita, nell'utilizzo ideologico e anticattolico della storia dell'Inquisizione, la storiografia marxista. In tutti i casi ricordati la semplificazione più grave è quella che confonde le varie tipologie di tribunali inquisitoriali, presentandole come espressione di un'unica istituzione. Converrà dunque partire dalla distinzione fra le inquisizioni: medioevale, spagnola, romana.

    2. L'inquisizione medioevale

    La prima tipologia di Inquisizione è quella medioevale. Per capirla bisogna ricordare che, a partire dalla rinascita dell'XI-XII sec., l'urbanesimo aveva conosciuto in Italia, in Provenza e in altre regioni europee un rinnovato rigoglio.
    Con la ripresa economica e sociale della città fa la sua comparsa sulla scena una nuova classe sociale: la borghesia.
    Composta per lo più da commercianti, da artigiani e piccoli industriali, da cambiavalute, questa classe sociale dinamica e intraprendente impara spesso a leggere e a scrivere per necessità lavorative e viaggia in regioni lontane per esigenze legate ai traffici e alle fiere; alcuni borghesi alfabetizzati iniziano a leggere e interpretare le Sacre Scritture senza conoscere né la Tradizione, né il Magistero: non a caso il fondatore del movimento valdese è un mercante. In questo clima nascono numerosissime eresie, che a partire da questi anni scuoteranno l'Europa cristiana, fino all'esplosione della Riforma protestante, che tutte le riassume. Le eresie medioevali sono in qualche modo una novità: dopo il grande scontro iniziale con la gnosi cristiana e con le eresie ariana e monofisita (per citare le più importanti), la Chiesa cattolica aveva attraversato secoli di relativa calma, dove il problema più importante era stato riuscire a evitare un assoggetta mento al potere imperiale e temporale durante la lotta per le investiture. Il nemico era esterno alla Cristianità: i popoli barbari ancora pagani, gli slavi a Est, i normanni a Nord, i saraceni e i turchi che insidiano dal Mediterraneo.
    La compattezza dottrinale non era stata messa in pericolo gravemente fino a che non compare sulla scena una setta forse di origine orientale, che viene chiamata in molti modi, il più celebre dei quali è quello di "catari".
    Portatore di una dottrina dal carattere manicheo, che prevede il rifiuto della generazione e del matrimonio, il suicidio (l'endura), il rifiuto del potere costituito e dei giuramenti di fedeltà, numerosi eccessi sia nelle pratiche ascetiche, che nella sfera sessuale, il catarismo si presenta come eresia dalla forte carica sovversiva anche sul piano politico e sociale.
    Il popolo e le autorità temporali spesso intervengono in modo arbitrario colpendo anche innocenti, o non riuscendo a distinguere con precisione eretici e non.
    Gli eccessi numerosi spingono la Chiesa a istituire un suo tribunale in grado di applicare procedure regolari e di tutelare chi non ha colpe o è caduto per ingenuità, senza consapevolezza.
    L'eretico inoltre diffonde l'errore, e la Chiesa sente la responsabilità di tutelare le anime che potrebbero essere traviate (nessuno si stupisce del resto se oggi lo Stato persegue dei terroristi o altri crimini che si presume attentino alla sua integrità o ai suoi valori). Dopo un intenso dibattito teologico si giunge a stabilire (come già in base all'antico Codice di Giustiniano, che funge da modello) la liceità della pena del fuoco per gli eretici convinti e relapsi (ovvero ricaduti nella stessa eresia dopo essere tornati una prima volta nel cattolicesimo). L'anno di nascita ufficiale dell'Inquisizione medioevale è il 1233, quando Gregorio IX affida ai Domenicani il compito di "legati pontifici" preposti al Tribunale inquisitoriale: autonomi rispetto ai vescovi, senza interessi locali, imparziali, teologicamente preparati, capaci di una vita ascetica profonda e intensa, i frati predicatori, e più tardi i Francescani, mostrano di saper gestire con equilibrio la situazione. L'eresia catara viene domata ed estirpata pressoché totalmente. Contrariamente alla giustizia penale secolare, caratterizzata da arbitri i e violenze ingiustificati, il tribunale inquisitoriale è assoggettato a precise norme procedurali, che tutelano l'inquisito e prevedono un processo e punizioni anche molto dure per i giudici che eccedono.
    A testimonianza del suo equilibrio e della sua mitezza basti pensare che nella seconda metà del XIII secolo solo 1,1 % dei processi si chiude con la pena capitale; il 15% si chiude con la confisca dei beni. Vengono messi a punto manuali per l'inquisitore che limitino gli arbitrii, questionari con elenchi di domande obbligatorie. Si stabiliscono precisi confini all'uso della tortura (a differenza di quanto avveniva nella ben più spietata e anarchica giustizia secolare), che non può durare più di mezz'ora, è applicata solo in casi particolari, e non deve ledere fisicamente l'inquisito, permettendogli di tornare a una vita lavorativa normale. Ben presto diviene prassi consolidata quella di tenere verbali abbastanza fedeli di tutto il processo inquisitoriale, un processo in genere rapido ed efficiente (nella consapevolezza che una procedura lunga poteva essere gravemente infamante per un accusato rivelatosi poi innocente). Ci si muove solo sulla base di almeno due testimonianze affidabili, vagliate con severità e prevedendo pene severissime per chi avesse testimoniato il falso. Tutte innovazioni che saranno di straordinario impulso nella crescita del diritto penale anche secolare, lontanissimo all'inizio anche solo dall'idea di una tutela dell'inquisito. I tribunali medioevali operano con poche risorse finanziarie e pochi addetti, osteggiati dai vescovi e dai poteri locali, e non di rado vittime di attentati, rappresaglie e assassini, come nel caso di Pietro da Verona.
    Nel corso del XIV secolo, vinte le battaglie contro le eresie di inizio millennio, il tribunale langue, con una attività ridottasi fino alla sua scomparsa quasi totale.

    3. L'Inquisizione spagnola

    Nell'immaginario collettivo Inquisizione e Inquisizione spagnola si sovrappongono:
    le efferatezze della seconda - quando e se vi furono - diventano le efferatezze della prima. Pochi errori sono più gravi. Infatti fu il re di un paese faticosamente avviatosi all'unificazione dopo la reconquista a chiedere insistentemente al Papa di avere in Spagna un tribunale inquisitoriale, che Sisto IV infine accordò il1 o novembre 1478.
    Ma fin dall'inizio più che un organo della Chiesa fu uno strumento del neonato Stato spagnolo, utilizzato per consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse, in un'epoca in cui non era pensabile un'unità politica non fondata sull'unità delle fede. Il Papa in teoria poteva nominare e deporre l'Inquisitore generale, che di fatto veniva scelto e controllato dal monarca.
    La lotta, a partire dal 1492, per la conversione degli ebrei, che costituivano una percentuale saliente della popolazione (in alcune regioni raggiungevano il 30% degli abitanti), posti di fronte all'alternativa fra la conversione o l'esilio; il controllo dei conversos, sospettati, in alcuni casi a ragione, di essere dei marrani, ovvero di aver mantenuto segretamente pratiche e riti giudaizzanti; la lotta per la conversione forzata o l'espulsione dei moriscos a partire dal 1540 sono state le principali attività della Suprema. Dopo il Concilio di Trento, l'Inquisizione spagnola si concentrò su mancanze gravi del clero e dedicherà molti sforzi a moralizzare i costumi sessuali (cosa benemerita se si pensa che gli studi più agg.iornati attestano che la maggioranza della popolazione della Castiglia riteneva, verso il 1560, che fosse lecito unirsi ad una nubile consenziente).
    Un'istituzione sanguinaria quella spagnola? Non pare se è vero che lo storico Henningsen, processando con un computer i dati riferiti a circa 50.000 processi, ha identificato una percentuale di condanne a morte (espressione oltre tutto che non sempre si traduceva nell'effettiva esecuzione) pari all'1,9%. A Toledo un terzo degli imputati del XVII secolo è rilasciato senza alcuna sanzione dopo il processo. I due terzi di tutti coloro che furono sottoposti a tortura (assai pochi, peraltro) resistettero alla prova: e ciò comprova la relativa mitezza del tormento, che non aveva nulla a che fare con la barbarie della tortura moderna. Inoltre, sempre dall'analisi dei processi svoltosi a Toledo si evince un dato impressionante, ovvero che 9 denunce su 10 non davano inizio ad alcun processo, tanta era la prudenza e la correttezza degli inquisitori prima di iniziare un procedimento che aveva in ogni caso gravi conseguenze.
    Per tutto l'Impero spagnolo, Paesi Bassi e Americhe incluse, operano 300 funzionari stabili più 300 part-time, un pugno di uomini, ma capace comunque di risparmiare alla Spagna la diffusione del Protestantesimo e delle guerre di religione che insanguineranno la Francia.

    4. Il Sant'Uffizio Romano

    Il terzo tipo di Inquisizione è quella rappresentata dal Sant'Uffizio romano, istituito da Papa Paolo III nel 1542 con la bolla Licet ab indio, come tentativo di riportare in vita e aggiornare l'antica Inquisizione medioevale.
    Il nemico è adesso il Protestantesimo in tutte le sue forme. Il Sant'Uffizio sulla carta dovrebbe controllare tutta la Chiesa Cattolica senza esclusione di Stati o territori, ma di fatto opera soprattutto nella penisola italiana, e più precisamente nello Stato pontificio e nei piccoli regni educati politicamente meno forti e autonomi. Già Venezia la limita e la ostacola, al di fuori dell'Italia praticamente non può operare, trovando sulla sua strada un avversario insuperabile: lo Stato moderno con le sue pretese gallicane di controllo della Chiesa.
    Studiando la struttura dell'Inquisizione romana, John Tedeschi, il più lucido e aggiornato storico del tema, sottolinea l'incredibile modernità delle procedure adottate.
    Qualche esempio eloquente: il diritto dell'imputato ad avere un avvocato difensore, scelto fra tre da lui proposti; l'''avvocato d'ufficio" pagato dal tribunale per chi versa in condizioni di povertà; la traduzione degli atti processuali in volgare e la loro fornitura in copia all'inquisito, perché possa difendersi studiando bene i documenti d'accusa; la prudenza estrema nell'arrestare e nel carcerare; la clemenza verso chi si denunciava sua spante; la severità incredibile nel vagliare e scartare le testimonianze accusatorie; la possibilità di contestare e contro-interrogare i testimoni dell'accusa: tutte norme che il diritto penale secolare introdurrà molto tempo dopo, e che la laica e liberale Inghilterra, ad esempio, incomincerà ad adottare solo nei primi decenni dell'Ottocento. Infine non si possono non menzionare le condizioni carcerarie quasi confortevoli (è una tesi ben dimostrata da Luigi Firpo, che ricorda il cambio delle lenzuola ogni settimana, la possibilità di avere vino o birra, capi di vestiario personalizzati, celle spaziose e luminose, libri e testi utili a difendersi e a redigere memorie a propria discolpa).

    Dunque, considerando tutto l'insieme al di fuori del macabro alone di mistificazioni sviluppato dalla "leggenda nera" illuministica-massonica-marxista, non è temerario affermare che l'Inquisizione romana ha rappresentato, nel fosco quadro della giustizia europea dal XVI al XVIII secolo, una vera e propria oasi di modernità, di rispetto dell'imputato, di rigore procedurale, di trasparenza e di correttezza fra organi periferici e organo centrale di controllo, di geniale anticipazione di norme "garantiste" che la giustizia laica raggiungerà solo molto più tardi. Conferma questo quadro un dato poco citato dai manuali di storia: dal 1542 al 1761 le condanne a morte emesse dal Sant'Uffizio sono state presumibilmente 97! Una media di 1 condannato a morte ogni 26 mesi!

    INQUISIZIONE

    "Sostengo in questi saggi che l’Inquisizione non fu un tribunale arbitrario, un tunnel degli orrori o un labirinto giudiziario da cui era impossibile uscire. La Suprema Congregazione romana vigilava sui tribunali provinciali; imponeva la puntuale applicazione di quella che, per l’epoca, era una legislazione improntata a moderazione, e mirava all’uniformità dei processi”.
    (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, p. 17).

    Matteo D'AMICO
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    Inquisizione e fiction



    Gothic, horror, noir e tante streghe: ecco gli ingredienti per avere successo quando si scrive di Inquisizione.
    O per farci dei film di cassetta. Con buona pace della storia. Quella vera.


    Se volessimo proporre a un produttore un film davvero originale e controcorrente sull'Inquisizione, detto produttore ci darebbe dei pazzi perché lui non ha certo soldi da buttare. Sì, perché l'originalità e la "trasgressione", di solito tanto remunerative in campo cinematografico, con l'Inquisizione non funzionano.
    Lo stereotipo, sì. E questo vale anche in campo librario. Le opere pienamente storiche sull'argomento vendono poche migliaia di copie, laddove la riproposizione della "leggenda nera" ammalia ch'è un piacere.
    Già: un'Inquisizione che esce dal consueto cliché tenebroso ed efferato ha scarsa a udience. Mi si passi l'esempio: a) immaginate un settimanale che annuncia, per il prossima numero, un corposo inserto dal titolo "Dossier pornografia"; b) l'inserto esce ma in busta di plastica chiusa; c) l'inserto contiene solo cifre e statistiche. L'immediato passa-parola dei lettori ne decreterebbe il flop in edicola.
    Così è per l'Inquisizione, per avere successo nell'occuparsi della quale bisogna attenersi a un paio di regole elementari: 1) molto gothic, horror e noir; 2) tante streghe. E pazienza se tutto ciò con l'Inquisizione (cattolica) ha poco a che fare.
    Diciamolo: al grande pubblico della "vera storia" dell'Inquisizione non importa nulla; della "leggenda nera", sì. Chi volesse fare del "revisionismo" (spiacente per il termine, ma si tratta di intendersi) sull'argomento si condannerebbe al linciaggio morale (anche da parte di tanti cattolici) o al disinteresse (anche da parte di tanti cattolici).
    Tanto varrebbe spostarsi sul terreno della letteratura e cercare di produrre qualche romanzo in cui le regole narrative siano invertite: "i buoni", gli inquisitori; gli eretici, "i cattivi". A tutt'oggi c'è una sola opera del genere, L'inquisitore (San Paolo), i cui risultati al botteghino sono, stranamente, non malvagi: sei edizioni italiane più quattro in altrettante lingue estere. Tutto il resto non è che replay della narrativa ottocentesca nata in casa protestante e in chiave polemica: i romanzi" gotici", i feuilleton non facevano che presentare i frati" papisti" continuamente intenti all'intrigo, al veneficio, allo stupro e, nella migliore delle ipotesi, al fanatismo da roghi e torture. Non vi si sottrasse nemmeno l'inventore del genere noir, l'americano Edgar Allan Poe, che ambientò il suo celebre Il pozzo e il pendolo nelle celle dell'Inquisizione (cattolica, ovvio). Nel secolo precedente, la narrativa di successo era appannaggio di illuministi come De Sade e Diderot.
    Quest'ultimo, oltre alle fiction su monache lussuriose, scrisse un Neveu de Rameau, nel quale mise in scena un ebreo denunciato all'Inquisizione: avesse letto la voce corrispondente nella sua Encyclopédie avrebbe saputo che l'Inquisizione aveva competenza sui soli cristiani. Ma non sottilizziamo: anche Walter Scott fu vittima della stessa disattenzione nel suo Ivanhoe. E dire che l'illustre cantore della tradizione inglese avrebbe potuto trovare maggior materiale in casa sua, visto che le inquisizioni protestanti (laiche) si diedero molto più da fare, specialmente con le streghe. Niente, l'unica testimonianza narrativa di parte protestante è La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, che pur parla prevalentemente di adulterio e solo di sbieco di influssi demoniaci (eppure l'autore passò lo stesso i guai suoi, nell'America dei Padri Pellegrini). Le famose" streghe" di Salem (Massachusetts, 1692: occhio alla data) dovettero attendere la fine del XX secolo e il drammaturgo Arthur Miller per venir prese in considerazione. Ma non fu l'inizio di un diverso filone perché subito tutto riprese come di consueto, con Il nome della rosa e Gostanza.
    Qualche dato storico farà comprendere meglio perché la "vera storia" dell'Inquisizione non "tira" alla cassa. Nel febbraio del 1286 il papa Onorio IV concesse a tutti gli abitanti della Toscana un'amnistia da potersi lucrare sia individualmente che collettivamente. Essa riguardava le pene in cui i toscani fossero eventualmente incorsi per eresia. Non solo. " pontefice abrogò del tutto i decreti emanati dall'imperatore Federico Il contro gli eretici. Questi decreti erano draconiani ed andavano da un massimo (il solito rogo) a un minimo (taglio della lingua per tutti quelli che, per un motivo o per l'altro, gli inquisitori avessero deciso di risparmiare).
    E pensare che provenivano da un imperatore oggi considerato "moderno" per la sua "laicità". Infatti Federico II, più volte scomunicato era in perenne lotta col papato e aveva proprio nelle città ghibellinli della Toscana le sue principali roccaforti. Lo "straordinario privilegio concesso dal papa ai toscani fu "mantenuto nel tempo" e costrinse l'americano Henry C. Lea (sue Il parole citate) a intitolare un capito lo della sua (vecchia e) monumentale opera sull'Inquisizione così "Mitezza della Santa Sede". Date significativo, dal momento che gli altri capitoli hanno titoli del genere "Consigli infami degli inquisitori" "Insolenza degli inquisitori", e via insultando. Continuiamo. Un pontefice passato alla storia per la sua durezza, Bonifacio VIII, accolse moltissimi ricorsi contro sentenze inquisitoriali, il primo appena tre mesi dopo la sua elezione. Il 13 febbraio 1297 cassò la condanna di Rainiero Gatti di Viterbo e dei suoi due figli perché determinata da una testimonianza vera ma resa da un testi mone trovato in precedenza inaffidabile per spergiuro. Nel 1298 fece restituire ai figli di un eretico i ben confiscati al padre. Lo stesso anno costrinse l'inquisitore di Orvieto (città praticamente in mano ai catari che vi si erano distinti per omicidi e rapine) a smettere di molestare un cittadino già assolto dal precedente inquisitore. Nel 1305 giunsero a Roma reclami contro l'inquisitore d Carcassonne. Il papa Clemente V mandò in ispezione due cardinali, Pierre Taillefer e Berengario Frédol, francesi, che sospesero ogni procedimento in atto contro eretici per tutta la durata della loro ispezione.
    Ascoltarono i prigionieri, uno ad uno. Ammisero che le lamentele avevano qualche fondamento e cacciarono i guardiani sostituendoli, poi assegnarono ai prigionieri stanze migliori e ristrutturate ex novo. I prigionieri ottennero di poter passeggiare entro la cinta muraria quanto volevano. I cardinali visitarono poi la prigione di Albi, dove fecero aprire nei muri ulteriori e più ampie finestre. L'insospettabile storico Luigi Firpo, studiando le carceri romane del Sant'Uffizio (XVI secolo), ha trovato: visite mensili dei cardinali, cambio di lenzuola due volte alla settimana, birra per quei detenuti che non gradivano il vino.
    Tornando in Francia e all'Inquisizione medievale, abbiamo: il 13 marzo 1253 a Bernard Barrel, condannato come eretico, fu concesso di uscire di galera per curarsi e non tornare che quindici giorni dopo la guarigione. Il 18 novembre 1254 la moglie di Guillaume Hualgnier, Rixenda, ottenne di andare a partorire a casa per rientrare un mese dopo il parto. Il 3 settembre 1252 a Brice da Montréal l'inquisitore di Carcassonne concesse la commutazione della prigione in un pellegrinaggioin Terrasanta.
    Quattro anni dopo, il prescritto pellegrinaggio non era ancora stato effettuato. Il 27 giugno 1256 venne commutato in un'ammenda di cinquanta soldi perché ormai il condannato era troppo anziano per viaggiare.
    Informazioni del genere si trovano nell'opera del Lea, il quale deve ammettere che" questa facoltà di attenuare le sentenze era esercitata frequentemente". Sempre Lea: "Nel 1328, in una sola sentenza, ventitré prigionieri vennero rilasciati e le loro penitenze commutate nel dover portare croci (cucite sugli abiti, ndr), in pellegrinaggi e altro.
    Nel 1329 un'altra sentenza di commutazione pronunciata a Carcassonne rimise in libertà dieci penitenti".
    Ebbene: "Questa indulgenza non era affatto una caratteristica particolare dell'Inquisizione di Tolosa". Che era la zona dove più virulenta era stata la lotta (anche a mano armata) contro il catarismo.
    Quest'ultimo era la pericolosissima "religione alternativa" che, con la sua dottrina suicida, avrebbe condannato l'umanità all'estinzione e messo, come effettivamente fece, seriamente in pericolo la civiltà occidentale (proprio contro il catarismo era stata inventata l'Inquisizione). Né "questa indulgenza" fu caratteristica particolare di quei tempi. Lo storico Jean Dumont riporta il caso di Pablo de Olavide, sentenziato dall'Inquisizione spagnola (la più dura) proprio mentre in Francia scoppiava la Rivoluzione.
    Condannato al carcere, chiese di venir trasferito in zona termale per via di certi suoi acciacchi.
    Accontentato, trovò che le cure non gli giovavano e ottenne uno spostamento vicino al confine pirenaico. Da qui gli fu agevole scappare in Francia, dove venne accolto dai tagliatori di teste giacobini come "martire" dell'intolleranza cattolica. Ma sotto il Terrore conobbe le ben diverse galere giacobine.
    Esperienza traumatica: si ravvide e terminò la sua vita scrivendo apologie della religione cattolica.
    Se a tutto ciò aggiungiamo che gli inquisitori cattolici credevano poco (da buoni tomisti) alla realtà della stregoneria (più superstizione, per loro, che eresia), che fu proprio l'inquisitore spagnolo Salazar y Frias a salvare le presunte streghe basche e che la caccia alle streghe nelle Fiandre cessò quando gli spagnoli le occuparono, si capisce come la "vera storia" sia scarsamente appetibile alla fiction. A meno che non si voglia mettere in scena una vicenda grottesca come quella riportata da Bartolomé Benassar, storico dell'Inquisizione spagnola, e riguardante un rinnegato cristiano catturato mentre esercitava la pirateria per conto degli islamici. L'Inquisizione accettò le sue giustificazioni e gli inflisse gli arresti domiciliari in casa di sua moglie in Spagna. In capo a un anno l'uomo era prosciolto e a capo di una nave cristiana che praticava la contropirateria mediterranea. Perché mai il re avrebbe dovuto privarsi della sua esperienza?

    IL PROCESSO

    • L'inquisitore giudica solo i battezzati, non ebrei e musulmani.
    • Giunto sul posto, si presenta al vescovo, riunisce la popolazione, ordina che gli siano riferite notizie su eresia ed eretici (Editto di fede)
    • Subito concede il perdono ad ogni eretico che si presenta spontaneamente, si pente e denuncia i complici (Editto di grazia).
    • Concede di solito un mese di tempo (tempo di grazia) per ricevere denunce, ascoltare confessioni, interrogare a piede libero i sospetti.
    • Obbligatoria la presenza del notaio (una novità per l'epoca) che mette per iscritto tutte le fasi del procedimento, deposizioni, testimonianze.
    • L'interrogatorio del sospetto avviene in presenza di testimoni. L'imputato può ricusare giudice e testimoni se dimostra che sono prevenuti contro di lui.
    • L'imputato può difendersi, anche se con limitazioni. Si avvale di un avvocato difensore.
    • Il tormentum (tortura) è limitato, dura al massimo mezz'ora, non può essere ripetuto, non deve procurare né la morte né mutilazioni, etc.
    Avviene in presenza di un medico.
    • L'Inquisizione istituisce la giuria, che prende visione degli atti processuali, si pronuncia sui fatti e sulla pena da infliggere.
    Ascoltato questo parere, l'inquisitore emette la sentenza.
    • Se l'imputato è innocente, viene assolto. Se è colpevole per ignoranza, una volta chiarito l'errore, non viene punito. Se confessa e abiura il proprio errore, è soggetto a lievi punizioni. La condanna al carcere è, in genere, per brevi periodi. Non esiste l'ergastolo. È possibile il trasferimento di detenuti anziani o ammalati in casa o convento, la semi-libertà, la licenza per buona condotta o per attendere al lavoro dei campi. Gli inquisitori possono attenuare le pene.
    • Se recidivo, il colpevole è consegnato al "braccio secolare", ovvero alla giustizia penale che applicava le pene previste dalle leggi civili contro l'eresia (il rogo).
    • Ma prima dell'esecuzione, si operava in tutti i modi, facendo intervenire parenti, amici, persone prestigiose, perché l'eretico si ravvedesse e gli fosse risparmiato il rogo.

    INQUISIZIONE

    "Fra i primi mille imputati che comparvero davanti al tribunale di Aquileia-Concordia (1551-1647), solo quattro furono giustiziati.
    (...) Quattro alle oltre duecento sentenze (alcune concernenti più di un imputato) dei manoscritti del Trinity College per una parte degli anni 1580-1582, solo in tre è evocata l'estrema sanzione al rogo".
    (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, p. 85).

    Rino CAMMILLERI
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    Il bazar dei luoghi comuni



    Torquemada, le streghe, il sabba, la tortura, il rogo. Parla Franco Cardini, medievista di fama mondiale: solo la disinformazione tiene in vita la leggenda nera sull'Inquisizione.

    Difendere Torquemada. È pur sempre un toscanaccio (cioè un "guascone d'Italia ...) Franco Cardini: lo specialista del Medioevo che non si perse il gusto di rivalutare le Crociate o - più recentemente :l'ìslam dopo Bin Laden... Ma il bello è che uno storico del suo calibro non può essere accusato di "revisionismo" solo perché difende una tesi scomoda all'opinione comune: bisognerebbe saperne più di lui sui testi, sulle fonti, sugli inoppugnabili studi scientifici cui si riferisce come qualunque professore. Anche parlando d'Inquisizione.

    Professor Cardini, quali sono i luoghi comuni più diffusi sull'Inquisizione?
    La prima nozione da sfatare è che l'Inquisizione procedesse in modo arbitrario e per volontà della Chiesa di asservire la società laica alla sua visione repressiva e fanatica. Ciò è totalmente privo di fondamento e corrisponde a una "leggenda nera" avviata nei secoli XVIII e XIX, prima in àmbito illuministico e poi protestante: due propagande calunniose, che volevano distorcere la realtà in modo anticattolico (tra l'altro, i roghi erano più frequenti nei Paesi della Riforma, soprattutto calvinisti, che in quelli soggetti a Roma). Così, anche se a livello scientifico la realtà è ormai chiara da decenni, il gioco dei mass media continua a mettere in circolazione le vecchie dicerie del Sette e Ottocento.

    Intende dire che la ferocia dell'Inquisizione non corrisponde al vero?
    Assolutamente no, e non lo dico io che - in quanto cattolico - potrei essere sospetto di parzialità. Lo affermano studiosi come John Tedeschi, italoamericano ed ebreo, o come Adriano Prosperi, di area marxiano-gramsciana, i quali concordemente arrivano a questa diagnosi: i processi dell'Inquisizione sono in generale corretti, il ricorso alla tortura c'è nella misura in cui è un espediente ordinariamente usato a quel tempo nei tribunali laici, infine gli inquisitori funzionano spesso come garanti di equità nel processo. Non sono rari, infatti, i casi di assoluzione degli imputati in seguito a una presa di posizione dell'inquisitore.

    Però sembrano tutte eccezioni rispetto alla regola.
    Sono casi particolari, non eccezioni.
    Normalmente, invece, il processo inquisitoriale si concludeva col non luogo a procedere oppure con condanne leggere (l'esilio, pene pecuniarie, penitenze). Gli specialisti oscillano tra il 40 e il 70% di processi conclusi con una condanna, e in questa percentuale - alta ma non schiacciante - la pena capitale è relativamente rara, senza contare che c'erano infiniti modi per evitarla. In sostanza il rogo coglieva solo l'eretico che si metteva nelle condizioni di essere considerato recidivo.

    Però sembra sempre di nascondersi dietro una regolarità giuridica. In realtà ciò che oggi infastidisce è che la "caccia alle streghe" appare una persecuzione delle idee, un moto repressivo delle coscienze.
    Quest'immagine è frutto di un'informazione più che lacunosa: inesistente. È una diceria. In realtà i delitti legati alla stregoneria o all' eresia erano veri e propri reati. In generale non si finiva davanti all'Inquisizione per le proprie opinioni, ma sempre per l'accusa di reati effettivi: aver procurato aborti, avere avvelenato qualcuno, aver partecipato ad atti delittuosi... Spesso poi non era la Chiesa bensì il popolo che voleva veder bruciata la strega, di cui magari si era servito per pratiche vergognose, ma della quale aveva paura perché essa conosceva i segreti di tutto il paese.

    Niente streghe perseguitate perché donne, o perché troppo libere, o perché troppo ribelli?
    Il passepartout della repressione delle donne in quanto "diverse", o della follia di povere matte che venivano trattate come criminali, è troppo facile. Così come è abusata l'idea che fosse la paura stessa dell'Inquisizione a indurre le accusate a inventare menzogne come le scene del sabba, il volo delle streghe, eccetera. Oggi, grazie alla psicoanalisi, sappiamo molto di più sul rapporto complesso che si può creare tra accusatore e accusato, e che talvolta induce quest'ultimo a creare i presupposti della condanna. Inoltre il Seicento fu un'epoca in cui il livello della fantasia era elevatissimo, per esempio si è scoperto che il pane veniva preparato utilizzando ingredienti fortemente allucinogeni come il loglio, una sorta di droga vegetale. E questo aiuta a capire come nella "confessione" delle streghe non ci fosse solo la disperata adesione allo schema demonologico dell'inquisitore, ma processi assai più articolati.

    E la tortura? la confessione resa per sfuggire al dolore?
    Questo certamente succedeva, ma non bisogna dimenticare nemmeno che la tortura era un procedimento ordinario, che si usava abitualmente nei tribunali civili come strumento probatorio. La tortura giudiziaria era chiaramente regolata: non doveva essere più feroce e dolorosa di un certo livello, doveva essere limitata nel tempo, spesso si svolgeva sotto controllo di un medico. Inoltre poteva essere usata 5% in due casi: quando le dichiarazioni dell'imputato erano contraddittorie o quando le prove di un processo non fossero chiare.

    Riesce a salvare anche Torquemada, che incombe sul nostro immaginario come l'inquisitore per antonomasia?
    Chi l'ha studiato, ci mostra un uomo rigoroso e duro, però di grande correttezza. Faceva un mestiere spiacevole (era funzionario dei Reali di Spagna, perché là l'Inquisizione dipendeva dalla Corona e non dalla Chiesa: fatto che spesso si dimentica), ma era molto lontano dalle caricature cinematografiche che se ne sono fatte.

    Tutto bene, allora? Qual è il bilancio dello storico cristiano di fronte all'Inquisizione?
    Bisogna tener presente che la libertà di opinione e di pensiero è una conquista del XVIII secolo e che prima si ragionava in termini di verità assolute e di istituzioni chiamate a tutelare. Spesso gli il inquisitori dovevano cedere alla ragion di in Stato, perché i sovrani avevano paura degli eretici i quali sovente erano anche criminali comuni, comunque dei sovversivi, e come tali andavano messi in condizioni di 10 nuocere. Il processo di rottura provocato dalla Riforma e la nascita dello Stato assoluto, messi insieme, generarono in Europa un clima che tendeva a privilegiare la "sicurezza sociale" sulla libertà individuale d'espressione.
    Perciò, aspettarsi con due o tre secoli di anticipo il rispetto dei moderni diritti umani è un indebito anacronismo storico.

    INQUISIZIONE

    "Non si possono giustificare i soprusi, i roghi e tutti gli altri orrori che, in nome della difesa della fede, furono commessi nel periodo della Riforma. Questi strumenti furono impiegati non solo dall’Inquisizione ma praticamente da tutti gli altri sistemi giudiziari d’Europa: nel sedicesimo secolo erano parte integrante delle procedure, fatto del quale nessuno si scandalizzava. E’ tuttavia mia convinzione che le future ricerche dimostreranno che essi furono usati con minore frequenza e con più riguardo per la dignità umana nei tribunali del Sant’Uffizio che altrove”.
    (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, pp. 222-3).

    Roberto BERETTA
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    Inquisizione: per saperne di più



    Qualche consiglio per orientarsi nel vasto campo delle pubblicazioni sull'Inquisizione.
    Preoccupati solo di conoscere la verità storica.


    Per orientarsi e per orientare - che poi non è altro che il "rendere ragione della speranza che è in noi" scritturale - su un tema contestato come quello dell'Inquisizione, limitandomi alle opere generali e più o meno reperibili, suggerirei in primis, il volumetto equilibratamente apologetico di Rino Cammilleri, Storia dell'Innquisizione, apparso nel 1997 (Newton Compton, Roma), che propone una sintesi agile, ma di solido impianto, della storia e dei casi più noti - incluso quello, balzato alla ribalta nel 2000, causa film, della presunta strega Gostanza da Libbiano, nella Toscana del XVI secolo -, integrata da una discreta bibliografia e da un'utile cronologia.

    Analogo lavoro, più equanime di quanto l'impianto redazionale, a partire dal sottotitolo, lasci supporre, è il breve saggio degli storici francesi Guy e Jean Testas (Bonanno, Acireale 1989) dal titolo L'Inquisizione. Storia di un olocausto.
    In particolare, i dati riportati nelle ultime pagine ribadiscono l'esiguità del numero dei casi trattati dal tribunale conc1usisi con l'affidamento al "braccio secolare". Sulla medesima falsariga si pongono L'inquisizione, del francese JeanPierre Dedieu, uscito in Francia nel 1987 e tradotto nel 1990 (ora in 2' ed., San Paolo, Cinisello Balsamo 1994) e l'omonima breve introduzione dello storico spagnolo Ricardo Garda Carcél, riccamente illustrato (L'Inquisizione, Fenice 2000, Milano 1994).
    Per l'Inquisizione medievale, un'ampia "scheda", che non si limita alla storia, è costituita dalla voce Inquisition, scritta da Jean-Baptiste Guiraud (18661953) per il monumentale Dictionnaire apologétique de la fai catholique, uscito in Francia fra il 1911 e i1 1913, tradotta con il titolo Elogio della Inquisizione (Leonardo, Milano 1994) a cura di Rino Cammilleri e con un invito alla lettura di Vittorio Messori.
    In appendice a quest'opera si trovano alcune Integrazioni bibliografiche, redatte da Marco Invernizzi e da me, che offrono una rassegna ragionata delle correnti storiografiche in tema d'Inquisizione, non solo di quella medievale, ma anche di quella spagnola, senz'altro la più esposta agli strali dei critici e degli ambienti ostili alla Chiesa. A essa rimando come lo strumento più idoneo a soddisfare un po' tutti i tipi di esigenza conoscitiva. Fra i contributi meno datati che vi si trovano elencati, figurano gli studi di Henry Kamen (L'Inquisizione spagnola, trad. it., Feltrinelli, Milano 1973) e di Bartolomé Bennassar (Storia dell'Inquisizione spagnola dal XV al XIX secolo, trad. it., Rizzoli, Milano 1994).
    Riguardo al primo autore, va osservato come nell'edizione inglese (lnquisition and society in Spain in the sixteenth and seventeenth centuries, Weidenfeld & Nicolson, Londra 1985) egli rovesci la prospettiva fortemente critica iniziale, abbandonando la tesi che l'Inquisizione sia stata un fattore frenante dello sviluppo culturale della Spagna, che invece considera ora, non a torto, una delle nazioni dalle istituzioni più progredite sotto il profilo etico-giuridico.
    Nel novero delle opere citate nelle Integrazioni predette cade anche la messa a punto, stringata, ma efficace, dei progressi storiografici successivi ai lavori citati, che lo storico francese "non conformista" Jean Dumont (1923-2001) fa in un'intervista (L'Inquisizione fra miti e interpretazioni) a cura di Massimo Introvigne, apparsa sulla rivista Cristianità nel 1986 (anno XIV, n. 131, Piacenza marzo 1986, pp. 11-13).
    Dopo il 1994, terminus ad quem di questa bibliografia ragionata, la ricerca ha prodotto un nutrito numero di contributi di livello scientifico, incentrati però più che altro su aspetti locali: i singoli Paesi europei, le regioni italiane, oppure settoriali, quali, per esempio, la procedura, il "caso" degli ebrei, la stregoneria.
    Fra i lavori di carattere generale più accessibili al lettore medio si segnala la monografia Lo "scandalo dell'Inquisizione". Tra realtà storica e leggenda storiografica, che Francesco Pappalardo ha redatto per il volume collettaneo Processi alla Chiesa.
    Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini (3a ed., Piemme, Casale Monferrato, pp. 353-371), uscito nel 1995. Il medievista Franco Cardini, dal canto suo, ha alimentato il dibattito con il suo opuscolo L'inquisizione (Giunti, Firenze 1999; allegato al mensile Storia e Dossier, n. 141, Firenze settembre 1999, non più pubblicato), nonché curando la ristampa del Manuale dell'inquisitore del domenicano francese, co-autore della procedura inquisitoriale, padre Bernard Gui (1261 ca.-1331) (Gallone, Milano 1998, con testo originale a fronte).
    Rino Cammilleri - uno degli scrittori più attenti al problema - nel 2001 è tornato sul tema con La vera storia dell'Inquisizione (Piemme, Casale Monferrato), nuova edizione ampliata del volumetto citato in esordio, nonché con la terza edizione del suo romanzo L'inquisitore (San Paolo, Cinisello Balsamo). Sulla "terza Inquisizione" - dopo quella medievale e quella spagnola -, oltre alla valida ricerca dello studioso ebreo americano John Tedeschi, Il giudice e l'eretico. Studi sull'inquisizione romana (trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1997), va menzionato il grosso volume, alquanto critico (e peraltro anche criticato), ma ricco di documentazione, trattata con onestà scientifica, di Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi, Torino 1996.
    Pur dedicato ad un aspetto particolare,il saggio dello studioso danese Gustav Henningsen L'avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola (trad. it., Garzanti, Milano 1990), per l'esemplare lavoro svolto sulle fonti, reso possibile dall'ingente materiale che il tribunale inquisitoriale dei Paesi Baschi ha prodotto all'inizio del secolo XVII - come appare immediatamente dal campione di dati riportato nelle appendici -, costituisce una testimonianza indiretta della scrupolosa metodica applicata dagl'inquisitori spagnoli.
    Di questo lavoro vale la pena rammentare l'apprezzamento che Antonio Socci fece nell'aprile del 1990 dalle colonne del settimanale il Sabato: "Qual è la sua tesi? Innanzitutto il Medioevo cristiano fu immune dalla follia criminale della caccia alle streghe. Per più di mille anni, per tutti i cosiddetti "secoli bui" non esistono né cacce, né roghi di streghe [...].
    L'ossessione sanguinaria della caccia alle streghe è un fenomeno tutto moderno: comincia sul finire del 1400 e prosegue per un paio di secoli, soprattutto nei paesi protestanti. Dal libro di Henningsen si apprende che, contrariamente a tutte le istituzioni giudiziarie del tempo, l'Inquisizione non usava normalmente la tortura. Di fatto - scrive Henningsen - la popolazione cattolica non odiava, né temeva il sant'Uffizio quanto molti storici hanno voluto farci credere. La gran maggioranza doveva considerare l'Inquisizione come un baluardo contro l'eresia che minacciava la società dall'interno e dall'esterno".
    Concludo questa proposta di letture con un testo che rappresenta forse un dettaglio, ma un dettaglio non del tutto irrilevante, del panorama.
    La figura dell'inquisitore Bernard Gui è stata oggetto di una radicale denigrazione nel romanzo di Umberto Eco Il nome della rosa, e con ancor maggiore volgarità nel popolarissimo film tratto dal libro.
    A entrambi questi attacchi replicò a suo tempo Massimo Introvigne con l'articolo Contro "Il nome della rosa", apparso sulla rivista Cristianità (anno XV, n. 142, Piacenza febbraio 1987, I pp. 7-11; disponibile sul sito: www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/introvignem142.htm).
    Oltre a essere l'unica risposta che io conosca a questa autentica operazione di "guerra culturale", che ha nuociuto in maniera devastante al senso comune sulla Chiesa e sulla religione, nonché al gusto stesso della verità, attraverso il ricupero della verità su Bernard Gui, religioso, giudice, storico e vescovo cattolico, esso restituisce, in filigrana, la sua dignità all'intera vicenda storica - senza dubbio, come tutte le vicende umane, non priva di ombre - del tribunale della fede e, con essa, alla verità cattolica tout court.

    INQUISIZIONE

    "Per quanto riguarda i tribunali dell'Inquisizione spagnola, tra il 1540 e il 1700 la pena capitale fu comminata a 820 persone, su un totale di 44.000 casi, ciò equivalendo a una percentuale dell'uno virgola nove".
    (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico, Vita e pensiero, p. 85).

    Oscar SANGUINETTI
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    La tortura



    Tra gli aspetti qualificanti l'Inquisizione la tortura, con il rogo, sembra occupare il primo posto nell'immaginario collettivo, a tal punto da coincidere con l'Inquisizione stessa. Complice di questa visione riduttiva e distorta soprattutto una certa pubblicistica. II risultato? Si pensa alla tortura inquisitoriale come ad una delle più crudeli, applicata da monaci sadici davanti a giudici spietati, ovviamente in un ambiente "fra i più suggestivi".
    Le cose sono diverse.
    In primo luogo va detto che la tortura era di uso normalissimo nella giustizia dell'antico regime e che i tribunali laici la impiegarono sino al XVIII secolo. Ivi, le pene inflitte (bruciature, frustate, mutilazioni) servivano per punire, interrogare e come deterrente. La tortura, estranea al diritto canonico, è ammessa per la prima volta nell'ordinamento giudiziario della Chiesa da Papa Innocenzo IV, che nel 1252 ne disciplinò rigorosamente l'uso con la bolla Ad extirpanda.
    Quali erano i soggetti indispensabili? L'inquisitore, il vescovo del luogo, un medico, un notaio della diocesi - una novità per l'epoca -, con l'obbligo di mettere per iscritto tutte le domande, le risposte, il tipo di torture, etc. e chi (un laico) le eseguiva. Vi si poteva ricorrere se l'accusato durante l'interrogatorio si contraddiceva nelle risposte, quando vi erano gravissimi indizi e se il chiamato a comparire rimaneva contumace, lo scomunicato rimaneva in tale stato per un anno, contro chi favoriva, accoglieva e frequentava gli eretici.
    Nel caso di eresia, poi, la tortura era applicabile a tutti, ad eccezione di donne incinte, vecchi e bambini. Per queste ultime due categorie si procedeva a fustigarli con moderazione.
    Quanto al tipo di tortura, il più comune era "i tratti di corda": l'inquisito, con le mani dietro la schiena veniva sollevato più volte in aria con un sistema di carrucole e poi fatto cadere di colpo senza fargli toccare il pavimento. AI massimo per tre volte per seduta, di durata non superiore a 30 minuti, fino al limite di tre sedute, a distanza di giorni l'una dall'altra. Se l'imputato non confessava, era rilasciato; se confessava sotto tortura o in conspectu tormentorum, la confessione doveva confermarçi per iscritto in un secondo tempo, senza tortura. La tortura, da impiegarsi solo come extrema ratia, non doveva procurare ferite, né ledere l'efficienza fisica dell'imputato e poiché erano molti coloro che superavano la prova gli stessi inquisitori non credevano alla sua efficacia probatoria. Cadde in disuso a partire dal XIV secolo. A Tolosa, tra il 1309 e il 1323 furono emanate 636 sentenze inquitoriali, ma la tortura fu utilizzata una sola volta; a Valencia, su 2354 processi celebrati tra il 1478 e il 1530, vi si fece ricorso soltanto in dodici casi. Un'altra leggenda nera da sfatare.

    CRON0OLOGIA SOMMARIA

    1184. Costituzione Ad abolendam di Lucio III (i vescovi devono visitare due volte l'anno la diocesi alla ricerca degli eretici).
    1208. Assassinio del legato pontificio Pietro di Castelnaux da parte dei catari.
    1209. Crociata contro gli albigesi.
    1231. Costituzione Excommunicamus di Gregorio IX: ina dei primi inquisitori permanenti.
    1245. Assassinio di Pietro da Verona, Inquisitore di Lombardia, ad opera degli eretici
    1326. Bolla Super illius specula di Giovanni XXII sulla magia.
    1376. "Manuale dell'inquisitore" di Nicholas Eymerich.
    1391. Battesimi forzati degli ebrei spagnoli, nascita del problema dei conversos.
    1430-31. Processo di Giovanna d'Arco.
    1478. Istituzione dell'Inquisizione spagnola.
    1484. Bolla di lnnocenzo VIII Summis desiderante affectibus, sulla stregoneria.
    1492. Espulsione degli ebrei dalla Spagna.
    1502-26 Conversione forzata dei musulmani di Spagna, nascita del problema dei moriscos.
    1517 Lutero affigge le sue Tesi.
    1542 Bolla Licet ab initio: Paolo III istituisce la congregazione della sacra romana universale Inquisizione.
    1545 Inizia il Concilio di Trento.
    1554. L'università di Parigi pubblica il primo catalogo dei libri proibiti.
    1600. Condanna di Giordano Bruno.
    1609-10. Espulsione dei moriscos dalla Spagna.
    1633. Condanna di Galileo.
    1820. Abolizione dell'Inquisizione spagnola.
    1908. San Pio X riorganizza il Sant'uffizio.
    1962. Concilio Vaticano II.
    1965. Motu proprio di Paolo VI Integrae servandae: il Sant'Uffizio diventa Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Roberto LANZILLI
     
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