V domenica di pasqua

Inseriti in Cristo come tralci nella vite vera

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    PER CELEBRARE…
    - La presenza che Gesù ci offre non è più una presenza fisica. Non si impone: possiamo ignorarla o riconoscerla, accoglierla con gratitudine, ma anche passarci accanto senza neppure accorgercene. Eppure ciò che è in gioco non è un aspetto marginale della nostra esistenza. L’incontro con Gesù trasforma tutta la nostra vita, la trasfigura, la colma di saggezza e di pace. Chi incontra il Risorto e si affida a lui diventa inevitabilmente un testimone perché la sua vita non è più quella di prima. Quando è autentico, infatti, l’incontro con il Risorto produce un cambiamento che non resta nascosto perché innesta nella nostra povera esistenza, con le sue crepe e le sue ferite, una linfa vitale, la vita stessa di Dio. Quando è autentico, l’incontro con Dio produce frutti, proprio
    - come accade al tralcio della vite. Sono i grappoli di uva il segno inequivocabile della sua vitalità. Sono i gesti, le parole, le scelte, gli atteggiamenti del cristiano la “prova” della sua relazione con il Signore Gesù.
    - La Liturgia di queste Domeniche pasquali ogni anno ci propone brani dal Vangelo secondo Giovanni, in particolare dai discorsi di Gesù nella Cena. Sono testi in cui, a più riprese, Gesù si autorivela: «Io sono...». Di per sé questo è il nome indicibile e santo di Dio e, dunque, Gesù sta rivelando la sua realtà divina.
    - L’evento della risurrezione non può rimanere semplicemente un fatto del passato da ricordare. La gioia e la speranza portate dall’annuncio pasquale aprono il credente all’impegno attivo dell’amore. Attraverso l’immagine della vite e dei tralci, il Quarto Vangelo sottolinea la necessità dell’unione con il Signore Gesù. Per ogni cristiano è fondamentale “rimanere” in Cristo perché il germoglio della fede possa svilupparsi fino a portare frutto. Dalla vite, i tralci verdeggianti ricevono la linfa vitale e la trasformano in frutto; al contrario, i tralci aridi e secchi raccontano la storia del rifiuto che l’uomo nella sua libertà può opporre al dono dell’amore e della vita. Per l’evangelista Giovanni l’atteggiamento dell’amore che i credenti in Cristo assumono nei confronti del prossimo è il frutto fondamentale della Pasqua. Amare «con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18) significa accogliere e far fruttificare la vita del Risorto. Egli è la Parola incarnata, la Parola portata a compimento. La sua Pasqua è l’evento-mistero che ha cambiato la storia, è la verità che i discepoli proclamano con coraggio.
    - La Chiesa si costruisce a poco a poco; fa progressi, si moltiplica guidata dallo Spirito. Innestata sulla fede nel Cristo risorto la nuova Comunità, quale vite feconda, estende i suoi rami. Il racconto della prima visita di Paolo a Gerusalemme dopo la sua conversione, mette in luce due elementi: Paolo vuole incontrarsi con i discepoli della Chiesa “madre” perché sia riconosciuta, anche visibilmente, la sua comunione con i fratelli che sono stati i testimoni privilegiati della risurrezione di Cristo; in tal modo, viene sottolineata pure l'unità della missione evangelizzatrice della Chiesa. Come, infatti, in Gerusalemme aveva avuto il suo culmine e il suo compimento la missione di Gesù (cfr. il tema della “salita a Gerusalemme” nel tempo di preparazione alla Pasqua), così da Gerusalemme parte e si diffonde la missione degli apostoli e di Paolo, per raggiungere uomini di razze e culture diverse: «La Chiesa... dunque... cresceva e camminava nel timore del Signore colma del conforto dello Spirito Santo» (Prima Lettura). Sorgono le diverse Chiese nei punti nevralgici degli itinerari apostolici, ma tutte sono raccolte nell’unità della fede e della carità di Cristo. Ciò avviene nell’ambito di una Chiesa che si costruisce dopo la risurrezione di Cristo; ma il medesimo dinamismo di crescita e di espansione è vivo e vitale anche oggi. Il centro di unità si è spostato dalla Chiesa di Gerusalemme alla Chiesa di Roma: essa possiede modelli di organizzazione e di pensiero caratteristici della cultura in cui si è inserita e che ha pure trasformato. Ma non li impone alle Chiese locali, le quali – incarnate in paesi con proprie culture – devono trovare una specifica fisionomia per l’annuncio dell’unico messaggio salvifico. Si instaura, così, un regime di unità nel pluralismo che non va esente da squilibri e tensioni.
    - Il cristiano, oggi più che mai, è chiamato a «portare “molto frutto”: nella giustizia sociale, perché essa non sia solo lotta per la conquista di un potere, ma potere di rispetto e di amore per ogni creatura, dal bimbo che fiorisce nel grembo della madre, al vecchio che avvizzisce nella carne, all’ombra di un cronicario e nella solitudine; nella promozione umana, dove l’uomo non è solo il protagonista di una storia senza significato che si ripete all’infinito, ma il figlio e il fratello che nella storia trova la sua strada che conduce al cuore del Padre; nella comunione personale e comunitaria con la persona di Gesù che, se vive nella comunità dei credenti, tuttavia la trascende nella sua pienezza di amore personale. In questo vivere dinamicamente la fede, non solo è glorificato il Padre, ma quella gloria si riversa sul volto dell’uomo dove i tratti della fatica e del dolore non assumono più i segni di una condanna, ma diventano il preludio della vita» (G. Sacino).
    - Ogni crescita è sempre accompagnata da tensioni, da squilibri. Questo nel campo fisiologico, in quello sociale, politico, religioso. Le tensioni che oggi attraversa la Chiesa possono rivelarsi feconde e costruttrici a condizione che siano vissute nell’amore, fuori di ogni risentimento, di ogni nuovo integrismo. «Le tensioni attuali diventano illegittime quando si trasformano in settarismo. Lo stesso ardore che i cristiani mettono nella lotta contro tutte le discriminazioni razziali, etniche, ideologiche, nazionali, deve riscontrarsi, per evitarle, nell’ambito del popolo di Dio. Sappiamo, purtroppo, che non è così. L’intolleranza e la scomunica reciproca infieriscono troppo spesso; come infieriscono i rifiuti, pratici o sistematici, di comunione con gli altri fratelli cattolici che non condividono la stessa opzione politica o che non appartengono alla stessa categoria sociale o culturale. Questa reale contraddizione fra il comportamento interno e il comportamento esterno dei cattolici deve essere eliminata, sotto pena di menzogna, di contro-testimonianza e d’inefficacia» (M. Roy). Parliamo molto di pluralismo, ma non abbiamo ancora capito che il pluralismo è più difficile dell’unità monolitica, esige maggiore maturità, maggiore capacità di dialogo, maggior rispetto e amore. Per questo è più fecondo.
    - Oggi vorremmo, nel nostro celebrare il Mistero di salvezza, viverlo sottolineando questo verbo: “Rimanere”. Esso vuol dire entrare e dimorare presso Gesù e in Gesù. E’ ciò che è già accaduto per noi nel Battesimo. Noi siamo con-corporei a Gesù, con-morti e con-risorti in Lui (cfr. Ef 2,4-6). Il Figlio è la nostra “dimora”. Dimorare in Lui è, poi, dimorare nel Padre, nella comunione del santo e divino Spirito suo. Tutto ciò è vero e deve divenire vero! Si “dimora in Gesù” vivendo la vita di grazia; essa è la vita di Dio in noi, la presenza del suo Spirito vivificante. Questa corrente di vita si rompe con il peccato. Per ripristinarla dobbiamo usare tutti i mezzi a nostra disposizione: la memoria del nostro Battesimo e la frequenza al Sacramento della Riconciliazione, l’atto penitenziale nella Messa, la preghiera del Padre nostro, le opere di carità; lo stesso esercizio dell’apostolato fa crescere nella grazia, cioè nella comunione con Dio, come pure la lettura delle Scritture, la preghiera… L’Eucaristia è anche sempre remissione dei peccati e comunione con la vita divina; la Domenica è, dunque, un giorno benedetto.
    - In questa Domenica siamo, dunque, come invitati a fermarci, con l’insistenza su questo “rimanere” che, in vari termini, ritorna nelle varie letture. Sebbene non sia l’unica interpretazione possibile, ci si sente autorizzati a prendersi una pausa, a fermarsi un po’ con il Signore e con i fratelli, sfuggendo alla vita complicata o frenetica che solitamente conduciamo. Il clima dovrebbe essere sereno e pacifico, vissuto nel calore di una comunità alla quale si sente di appartenere e con la quale si vuole continuare a camminare.
    - Gesù è la vite santa e fruttifera, è anche il grappolo spremuto e torchiato per il vino nuovo del regno, bevanda spirituale inebriante che comunica il fuoco dello Spirito a noi che siamo i tralci a nostra volta potati dall’agricoltore. Il Padre ci pota come ha potato suo Figlio, fino a farne il “Capo-frutto”, perché anche noi portiamo più frutto. Siamo tralci vivi e come nelle viti della vigna, le potature, si dice, fanno piangere. Lo notavamo da bambini nella vigna potata da nostro padre; il tralcio potato, per qualche tempo emetteva gocce di linfa e noi le chiamavamo le lacrime della vite, del suo dolore per la potatura. Una vigna non potata fa un mucchio di tralci ma tutti sterili o quasi; il frutto è poco o nulla. Le prove della vita, il dolore, la fatica dell’apostolato, la debolezza, la morte di persone care, di amici e maestri... via, via il Signore ci fa poveri. Resta un pezzettino di tralcio, saldamente attaccato al “Capo-frutto” e alla vite, carico di buoni grappoli per un vino inebriante che è la vita eterna. Rigogliosa vite è la Chiesa, come Israele di cui è la continuazione, e i suoi tralci si estendono su tutta la terra per farne la vigna di Dio.
    - Si curi la “solennità” della Celebrazione, come già indicato nelle domeniche precedenti: si faccia la processione con la Croce, i ceri, l’Evangeliario. Si usi l’incenso. Si sostituisca opportunamente l’Atto penitenziale con il rito di apsersione domenicale con l’acqua benedetta durante la Veglia pasquale.
    - Il Cero pasquale, dominante in questo tempo, potrebbe essere ornato con tralci di vite, così come può essere legato un bel ramo frondoso alla Croce astile.
    - L’allegoria della vite e dei tralci descritta nel Vangelo di questa Domenica richiama il simbolo eucaristico del vino: potrebbe essere significativo preparare per la processione dei doni una brocca “vistosa” contenente il vino per la celebrazione (e non un’ampollina piccola). Il vino e il pane sono, nella Celebrazione Eucaristica, elementi carichi di significato e di simbolismo: di conseguenza, nella preparazione dell’altare, devono essere presentati con grande evidenza e devono risultare gli elementi più visibili.
    - Questa Domenica la Comunione eucaristica domanda di essere vissuta con maggior intensità. L’invito ad accostarsi alla mensa del Signore potrà ricordare il desiderio di Gesù di dimorare in noi ed il nostro desiderio di dimorare in Lui. Ecco perché sarebbe opportuno favorire – dopo il canto – un tempo di silenzio, per aiutare ciascuno a vivere un tempo di intimità con Dio. Affermava Benedetto XVI: «L’eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione» (Deus caritas est, 13). Chi partecipa all’Eucaristica e si accosta alla Comunione, non pensa più solo a sé stesso, capisce che vale la pena vivere l’esistenza come proesistenza, con gli altri e per gli altri. Il Signore Gesù ci aiuta a rinnovare la nostra esistenza per renderla come la sua. Questo è l’amore per Dio che ci viene domandato. È la risposta ad un amore smisurato che ci è stato da lui offerto per primo, in Cristo. Il verbo “rimanere” dice con forza quanto è stabile, intimo e profondo questo rapporto. Ad ogni discepolo viene chiesto di “dimorare” in Cristo, facendo “dimorare” le sue parole nella propria vita. Ad ogni discepolo viene donata la possibilità di essere “abitato” da una forza e da una pace sconosciute.

    CANTI
    Introito: Cantate al Signore (G. Liberto); Cantate al Signore (A. Perosa); Cantate al Signore (Mi invocherà); Cantate al Signore (La Messa cantata); Cantate al Signore (Nella tua fedeltà); Cantate al Signore (NcdP); Cantate al Signore (S. Vivona); Cantate al Signore. Alleluia (O Luce radiosa); Cantate Domino canticum novum (Resurrexit); Cantiamo con gioia (DDML); Cantate al Signore (Agorà dei giovani); Cantiamo al Signore (Sei Dio con noi); Con gioia andiamo (Alla Cena del Signore); Cristo è risorto, alleluia (RNCL); Cristo è risorto (Cristo è risorto); Nei cieli un grido risuonò (RNCL); Alleluia, il risorto Redentore (RNCL); Cristo risusciti (RNCL); Cristo è risorto veramente (DDML); Rallegriamoci in lui (Sono risorto e sono con te).


    Aspersione: Vidi aquam (gregoriano); Ecco l’acqua (A. Zorzi); Ecco l’acqua (S. Mazzarello); Ecco l’acqua (O notte gloriosa); Ecco l’acqua (G. Liberto); Ecco l’acqua (G. Verardo); Ecco l’acqua (Esulta il cielo); Ecco l’acqua (A. M. Galliano, G. V. Tannoia); Ho visto l’acqua sgorgare (S. Di Blasi); Sorgente di grazia (Doni di grazia); L’acqua viva (Lourdes – raccolta multilingue); O Fonte di vita (Pasqua); Vidi l’acqua (Cristo è nostra Pasqua); Ecco l’acqua che dona la vita (Veglia pasquale); Acqua viva (RNCL).

    Presentazione dei doni: Visita, Signore, la tua vigna (G. Liberto); Offrirò sacrifici al Signore (G. Lo Galbo); Canterò per il mio diletto (G. Liberto); Ti ringraziamo, o Padre (G. Liberto); Segni del tuo amore (Come fuoco vivo); Come spighe nei campi (Alleluia, fratelli!); Signore, di spighe indori (NcdP); O Signore, raccogli i tuoi figli (NcdP); Siamo frumento di Cristo; Frumento di Cristo (G. Liberto); Frumento di Cristo (Pane spezzato); Dov’è carità e amore (RNCL); Dove la carità è vera (Cristo è nostra Pasqua); L’amore del Signore (F. Filisetti, V. Miserachs); Ubi caritas (gregoriano); Ubi caritas (L’amore più grande); Dov’è l’amore e la carità (Dalla tua croce); Dov’è carità e amore (Agorà dei giovani)¸ Dov’è carità (O Sacro Convito); Sulla patena (D. Bartolucci).

    Comunione: Io sono la vera vite (M. Visconti); Io sono la vera vite (G. Liberto); Io sono la vite vera (La Messa cantata); La vera vite (Pane di vita nuova); Vite vera (G. Verardo); Io sono la vite e voi i tralci (S. Di Blasi); Rimanete in me (DDML); Chi rimane in me (O Sacro Convito); Nella Cena del Signore (D. De Stefanis, V. Miserachs); Sei tu Cristo la Pasqua (A. Zorzi); Nella tua presenza (La tua dimora); Accostiamoci tutti all’altar (Intorno alla tua mensa); E’ la mistica vite (Inni e canti); Questo è il mio comandamento (Signore è il suo nome); Un comandamento nuovo (A. Perosa); Cristo nostra Pasqua (Sono risorto e sono con te); E’ la Pasqua del Signore (O notte gloriosa); Come unico pane (RNCL).

    Congedo: Cristo mia speranza è risorto (Pasqua); Alleluia, Cristo è risorto (Alleluia, Cristo è risorto); Lui è vivo (Sono risorto e sono con te); Proclamo che tu sei il Signore (DDML); Sui tuoi sentieri (Alla tua mensa); Quello che abbiamo udito (Alleluia, è risorto); Dio è amore (Canterò al Signore); Testimoni saremo (Mi dichiaro per Cristo); Regina caeli (gregoriano); Regina caeli (Vergine Madre); Regina dei cieli (RNCL); Regina del Cielo (Sono risorto e sono con te); Rallegrati o Maria (Nel Mistero della tua Presenza); Regina dei cieli (Maria Speranza nostra); Gioisci, Regina del Cielo (Madre del Signore); Regina del cielo, rallegrati (Cantiamo la Madre di Dio); Ave, Regina del Cielo (Tu Cristo Sorgente).
     
    .
0 replies since 19/4/2024, 14:27   10 views
  Share  
.
Top