V settimana di pasqua

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Domenica della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    Lectio: Atti degli Apostoli 9, 26 - 31
    Giovanni 15, 1 - 8


    1) Orazione iniziale

    O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vite vera, confermaci nel tuo Spirito, perché, amandoci gli uni gli altri, diventiamo primizie di un’umanità nuova.

    2) Lettura: Atti degli Apostoli 9, 26 - 31

    In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

    3) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio – Carla Sprinzeles) su Atti degli Apostoli 9, 26 - 31

    "In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo." (Atti 9,26) - Come vivere questa Parola?
    Paolo ha vissuto l'esperienza più forte che possa fare un uomo: l'esperienza di un momento del tutto superiore a quelle tipiche di una vita mortale.
    Ecco il fatto mentre cavalcava in folle corsa verso Damasco con la lista dei nomi di quanti, pur essendo ebrei stavano accettando il Vangelo. Paolo era stato improvvisamente disarcionato. Una luce sfolgorante lo aveva accecato e una voce dall'Alto lo aveva interpellato: Perché mi perseguiti?
    Incredibilmente sgomento e nello stesso tempo forte di una serenità nuova, Paolo riprese il viaggio e Anania, in nome di Dio e del Vangelo, fu strumento di repentina guarigione degli occhi e di riabilitazione per Paolo e di piena apertura alla fede cristiana.
    È questo un antefatto importante per capire come, anche a Gerusalemme, una terra dove vivevano i discepoli, Paolo non ebbe un soggiorno facile neppure presso di loro.
    Chiaro il perché: avevano paura, non essendo ancora persuasi della sua conversione.
    Non è difficile immaginare quel che Paolo avrà sofferto: qualcosa di simile a una grande delusione con artigli di insorgenti tentazioni.
    Il demonio, astuto com'è, volete che non gli abbia sollevato in cuore la voglia di farsi valere nell'immediato proclamare a tutti la ragione della sua venuta, e magari di fare ciò con espressioni violente?
    Ecco, quel che capitò a Paolo non è poi tanto dissimile da quel che può succedere anche a noi. Ci prefiggiamo il bene, lanciamo un'iniziativa oppure accettiamo di collaborare con entusiasmo a quelle altrui. E, guardiamo: quel tale insinua che tu operi per interesse, quell'altro va dicendo che certo c’è di mezzo la tua vanagloria... Insomma non son ‘rose e fiori' ciò che vai cogliendo mentre intendi di operare il bene.
    L'antidoto? Credo sia proprio una più intima unione a Gesù che abita in te, pregandolo così:
    Se tu, che hai compiuto tutto il bene possibile, sei stato trattato da malfattore fino a essere appeso alla croce, non devo stupirmi di quel che sta capitando a me. Dammi solo cuore chiaro nel continuare a fare il bene, dammi un cuore forte nel lasciar cadere le foglie secche e ingiallite delle chiacchiere.
    Ecco la voce di uno scrittore Jack Thommen: "Vivere pienamente significa liberarsi dalla zavorra che è il giudizio degli altri su di te."

    La prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, ci presenta Paolo, che dopo l'incontro con Gesù: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" è stato inondato di una certezza interiore che dà libertà.
    Paolo a Gerusalemme, ha bisogno della mediazione di Barnaba per ottenere la fiducia della comunità e dei capi.
    Anche i giudei di lingua greca lo volevano uccidere come avevano fatto con Stefano. Allora Saulo aveva custodito i mantelli dei lapidatori, ora sostiene le medesime tesi di Stefano.
    Paolo fugge, va a Tarso, la sua città, per iniziare la sua missione di evangelizzazione.
    Termina il brano con un quadretto che raffigura la nuova Chiesa.
    La caratteristica dominante è la "pace", che non è esente da persecuzione, ma è un'esperienza di salvezza, un gusto saporoso di quella pienezza di vita che è esplosa con la resurrezione.
    La seconda caratteristica è il "cammino", dietro il Maestro.
    L'ultima è "l'incremento numerico", dovuto alla forza dello Spirito, che crea il contagio dello slancio della missione.

    4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 15, 1 – 8

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».


    5) Riflessione (Omelia di don Diego Belussi, Counselor e Consigliere Edi.S.I. - omelie di P. Ermes Ronchi osm - www.lachiesa.it - www.qumran2.net) sul Vangelo secondo Giovanni 15, 1 - 8

    Nei discorsi di addio del Vangelo secondo san Giovanni (capitoli 13-17) l’evangelista prende spunto dalle parole di Gesù per riflettere, con il carisma che gli è proprio, sulla vita dei credenti dal tempo dell’Ascensione al ritorno del Signore. Egli si riconosce talmente legato al Signore attraverso lo Spirito di Dio che parla ai suoi ascoltatori e ai suoi lettori usando l’“io” di Cristo. Per mezzo della sua voce, il Signore rivela a coloro che credono in lui qual è la loro situazione, ordinando loro di agire in modo giusto.
    È durante la festa liturgica delle domeniche che vanno da Pasqua alla Pentecoste che la Chiesa propone alla lettura questi discorsi, per mostrare ai credenti cos’è infine importante per la loro vita. Attraverso un paragone, il Signore ci rivela oggi che tutti quelli che gli sono legati mediante la fede vivono in vera simbiosi. Come i tralci della vite, che sono generati e nutriti dalla vite stessa, noi cristiani siamo legati in modo vitale a Gesù Cristo nella comunità della Chiesa. Vi sono molte condizioni perché la forza vitale e la grazia di Cristo possano portare i loro frutti nella nostra vita: ogni tralcio deve essere liberato dai germogli superflui, deve essere sano e reagire in simbiosi fertile con la vite.
    Per mezzo del battesimo, Cristo ci ha accolti nella sua comunità. E noi siamo stati liberati dai nostri peccati dalla parola sacramentale di Cristo. La grazia di Cristo non può agire in noi che nella misura in cui noi la lasciamo agire. La Provvidenza divina veglierà su di noi e si prenderà cura di noi se saremo pronti. Ma noi non daremo molti frutti se non restando attaccati alla vite per tutta la vita. Cioè: se viviamo coscienziosamente la nostra vita come membri della Chiesa di Cristo. Poiché, agli occhi di Dio, ha valore duraturo solo ciò che è compiuto in seno alla comunità, con Gesù Cristo e nel suo Spirito: “Senza di me non potete far nulla”. Chi l’ha riconosciuto, può pregare Dio di aiutarlo affinché la sua vita sia veramente fertile nella fede e nell’amore.

    Più che pulite Dio chiede mani colme di vendemmia
    Gesù ci comunica Dio attraverso lo specchio delle creature più semplici: Cristo vite, io tralcio, io e lui la stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa.
    E poi la meravigliosa metafora del Dio contadino, un vignaiolo profumato di sole e di terra, che si prende cura di me e adopera tutta la sua intelligenza perché io porti molto frutto; che non impugna lo scettro dall'alto del trono ma la vanga e guarda il mondo piegato su di me, ad altezza di gemma, di tralcio, di grappolo, con occhi belli di speranza.
    Fra tutti i campi, la vigna era il campo preferito di mio padre, quello in cui investiva più tempo e passione, perfino poesia. E credo sia così per tutti i contadini. Narrare di vigne è allora svelare un amore di preferenza da parte del nostro Dio contadino. Tu, io, noi siamo il campo preferito di Dio. La metafora della vite cresce verso un vertice già anticipato nelle parole: io sono la vite, voi i tralci (v. 5). Siamo davanti ad una affermazione inedita, mai udita prima nelle Scritture: le creature (i tralci) sono parte del Creatore (la vite). Cosa è venuto a portare Gesù nel mondo? Forse una morale più nobile oppure il perdono dei peccati? Troppo poco; è venuto a portare molto di più, a portare se stesso, la sua vita in noi, il cromosoma divino dentro il nostro DNA. Il grande vasaio che plasmava Adamo con la polvere del suolo si è fatto argilla di questo suolo, linfa di questo grappolo.
    E se il tralcio per vivere deve rimanere innestato alla vite, succede che anche la vite vive dei propri tralci, senza di essi non c'è frutto, né scopo, né storia. Senza i suoi figli, Dio sarebbe padre di nessuno.
    La metafora del lavoro attorno alla vite ha il suo senso ultimo nel "portare frutto". Il filo d'oro che attraversa e cuce insieme tutto il brano, la parola ripetuta sei volte e che illumina tutte le altre parole di Gesù è "frutto": in questo è glorificato il Padre mio che portiate molto frutto. Il peso dell'immagine contadina del Vangelo approda alle mani colme della vendemmia, molto più che non alle mani pulite, magari, ma vuote, di chi non si è voluto sporcare con la materia incandescente e macchiante della vita.
    La morale evangelica consiste nella fecondità e non nell'osservanza di norme, porta con sé liete canzoni di vendemmia. Al tramonto della vita terrena, la domanda ultima, a dire la verità ultima dell'esistenza, non riguarderà comandamenti o divieti, sacrifici e rinunce, ma punterà tutta la sua luce dolcissima sul frutto: dopo che tu sei passato nel mondo, nella famiglia, nel lavoro, nella chiesa, dalla tua vite sono maturati grappoli di bontà o una vendemmia di lacrime? Dietro di te è rimasta più vita o meno vita?

    Gesù è la vite. E noi i tralci, nutriti dalla linfa dell'amore
    Una vite e un vignaiolo: cosa c'è di più semplice e familiare? Una pianta con i tralci carichi di grappoli; un contadino che la cura con le mani che conoscono la terra e la corteccia: mi incanta questo ritratto che Gesù fa di sé, di noi e del Padre. Dice Dio con le semplici parole della vita e del lavoro, parole profumate di sole e di sudore.
    Non posso avere paura di un Dio così, che mi lavora con tutto il suo impegno, perché io mi gonfi di frutti succosi, frutti di festa e di gioia. Un Dio che mi sta addosso, mi tocca, mi conduce, mi pota. Un Dio che mi vuole lussureggiante. Non puoi avere paura di un Dio così, ma solo sorrisi.
    Io sono la vite, quella vera. Cristo vite, io tralcio. Io e lui, la stessa cosa, stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Novità appassionata. Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: Io la vite, voi i tralci. Siamo prolungamento di quel ceppo, siamo composti della stessa materia, come scintille di un braciere, come gocce dell'oceano, come il respiro nell'aria. Gesù-vite spinge incessantemente la linfa verso l'ultimo mio tralcio, verso l'ultima gemma, che io dorma o vegli, e non dipende da me, dipende da lui. E io succhio da lui vita dolcissima e forte.
    Dio che mi scorri dentro, che mi vuoi più vivo e più fecondo. Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte?
    E il mio padre è il vignaiolo: un Dio contadino, che si dà da fare attorno a me, non impugna lo scettro ma la zappa, non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna. A contemplarmi. Con occhi belli di speranza.
    Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Potare la vite non significa amputare, bensì togliere il superfluo e dare forza; ha lo scopo di eliminare il vecchio e far nascere il nuovo. Qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Così il mio Dio contadino mi lavora, con un solo obiettivo: la fioritura di tutto ciò che di più bello e promettente pulsa in me.
    Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa' che sale e si diffonde fino all'ultima punta dell'ultima foglia. C'è un amore che sale nel mondo, che circola lungo i ceppi di tutte le vigne, nei filari di tutte le esistenze, un amore che si arrampica e irrora ogni fibra. E l'ho percepito tante volte nelle stagioni del mio inverno, nei giorni del mio scontento; l'ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine hanno fatto rifiorire. «Siamo immersi in un oceano d'amore e non ce ne rendiamo conto» (G. Vannucci). In una sorgente inesauribile, a cui puoi sempre attingere, e che non verrà mai meno.

    Io sono la vite, quella vera. Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Lui in me e io in lui, come figlio nella madre.
    E il mio padre è il vignaiolo: Dio raccontato con le parole semplici della vita e del lavoro. Un Dio che mi lavora, si dà da fare attorno a me, non impugna lo scettro ma le cesoie, non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna. Per farmi portare sempre più frutto.
    E poi una novità assoluta: mentre nei profeti e nei salmi del Primo Testamento, Dio era descritto come il padrone della vigna, contadino operoso, vendemmiatore attento, tutt'altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: Io sono la vite, voi siete i tralci. Facciamo parte della stessa pianta, come le scintille nel fuoco, come una goccia nell'acqua, come il respiro nell'aria.
    Con l'Incarnazione di Gesù, Dio che si innesta nell'umanità e in me, è accaduta una cosa straordinaria: il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore seme, il vasaio si è fatto argilla, il Creatore creatura.
    La vite-Gesù spinge la linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina per ogni mia fibra. Succhio da lui vita dolcissima e forte.
    Dio che mi sei intimo, che mi scorri dentro, tu mi vuoi sempre più vivo e più fecondo di gesti d'amore... Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte?
    Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Potare la vite non significa amputare, inviare mali o sofferenze, bensì dare forza, qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Questo vuole per me il Dio vignaiolo: «Portare frutto è simbolo del possedere la vita divina» (Brown). Dio opera per l'incremento, per l'intensificazione di tutto ciò che di più bello e promettente abita in noi.
    Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa' che sale e si diffonde fino all'ultima gemma. Noi portiamo un tesoro nei nostri vasi d'argilla, un tesoro divino: c'è un amore che sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me e irrora ogni fibra. E l'ho percepito tante volte nelle stagioni del mio inverno, nei giorni del mio scontento; l'ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine hanno fatto rifiorire.
    Se noi sapessimo quale energia c'è nella creatura umana! Abbiamo dentro una vita che viene da prima di noi e va oltre noi. Viene da Dio, radice del vivere, che ripete a ogni piccolo tralcio: Ho bisogno di te per grappoli profumati e dolci; di te per una vendemmia di sole e di miele.

    6) Momento di silenzio
    perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.


    7) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
    - Perché la Chiesa, sull'esempio della prima comunità cristiana, sia sempre aperta ad accogliere la novità dello Spirito, superando ogni diffidenza e paura, preghiamo?
    - Perché tutti i cristiani riconoscano di essere testimoni del Vangelo e siano sempre animati dalla forza dello Spirito Santo che ci viene continuamente donato, preghiamo?
    - Per tutti coloro che sono provati da situazioni di dolore, di malattia, di divisioni familiari, perché possano sentire sempre che rimangono uniti a Cristo, come i tralci alla vite, preghiamo?
    - Perché tutti noi in questo tempo pasquale gustiamo la gioia di essere figli di Dio, e la comunichiamo agli altri attraverso atteggiamenti di serenità e di sguardo positivo sul mondo, preghiamo?
    - Come singolo, come famiglia, come Comunità, so pensare, agire, dire nell'interesse del prossimo perché l'amore di Dio si manifesti nel mio essere cristiano?
    -- Abbiamo curato con impegno la nostra vigna oppure ci siamo interessati di essa solo al momento della vendemmia?


    8) Preghiera: Salmo 21
    A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.


    Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
    I poveri mangeranno e saranno saziati,
    loderanno il Signore quanti lo cercano;
    il vostro cuore viva per sempre!

    Ricorderanno e torneranno al Signore
    tutti i confini della terra;
    davanti a te si prostreranno
    tutte le famiglie dei popoli.

    A lui solo si prostreranno
    quanti dormono sotto terra,
    davanti a lui si curveranno
    quanti discendono nella polvere.

    Ma io vivrò per lui,
    lo servirà la mia discendenza.
    Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
    annunceranno la sua giustizia;
    al popolo che nascerà diranno:
    «Ecco l’opera del Signore!».


    9) Orazione Finale
    Padre, nella tua volontà è la nostra pace. Tu, che ci hai fatto la grazia di diventare tuoi discepoli, fa' che, rimanendo uniti a te, possiamo portare molto frutto a lode della tua gloria.
     
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Lunedì della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    Santa Caterina da Siena
    Lectio: 1 Lettera di Giovanni 1, 5 - 2, 2
    Matteo 11, 25 - 30


    1) Orazione iniziale

    O Dio, che in santa Caterina [da Siena], ardente del tuo Spirito di amore, hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso e il servizio della Chiesa, per sua intercessione concedi al tuo popolo di essere partecipe del mistero di Cristo, per esultare quando si manifesterà nella sua gloria.

    Ecco le parole di Paolo VI (4 ottobre 1970): Non è nostra intenzione indugiare nel porre in rilievo come nella vita e nell’attività esterna di Caterina le beatitudini evangeliche abbiano avuto un modello di superlativa verità e bellezza. Tutti voi, del resto, ricordate quanto sia stata libera nello spirito da ogni terrena cupidigia; quanto abbia amato la verginità consacrata al celeste sposo, Cristo Gesù; quanto sia stata affamata di giustizia e colma di viscere di misericordia nel cercare di riportare la pace in seno alle famiglie e alle città, dilaniate da rivalità e da odi atroci; quanto si sia prodigata per riconciliare la repubblica di Firenze con il Sommo Pontefice Gregorio IX, fino ad esporre alla vendetta dei ribelli la propria vita.
    [...] Caterina da Siena offre nei suoi scritti uno dei più fulgidi modelli di quei carismi di esortazione, di parola di sapienza e di parola di scienza, che san Paolo mostrò operanti in alcuni fedeli presso le primitive comunità cristiane. [...] Ed invero, quanti raggi di sovrumana sapienza, quanti urgenti richiami all’imitazione di Cristo in tutti i misteri della sua vita e della sua Passione, quanti efficaci ammaestramenti per la pratica delle virtù, proprie dei vari stati di vita, sono sparsi nelle opere della Santa! Le sue Lettere sono come altrettante scintille di un fuoco misterioso, acceso nel suo cuore ardente dall’Amore Infinito, ch’è lo Spirito Santo. [...] Caterina fu la mistica del Verbo Incarnato, e soprattutto di Cristo crocifisso; essa fu l’esaltatrice della virtù redentiva del Sangue adorabile del Figliolo di Dio, effuso sul legno della croce con larghezza di amore per la salvezza di tutte le umane generazioni. Questo Sangue del Salvatore, la Santa lo vede fluire continuamente nel Sacrificio della Messa e nei Sacramenti, grazie al ministero dei sacri ministri, a purificazione e abbellimento dell’intero Corpo mistico di Cristo. Caterina perciò potremmo dirla la “mistica del Corpo mistico” di Cristo, cioè della Chiesa.
    D’altra parte la Chiesa è per lei autentica madre, a cui è doveroso sottomettersi, prestare riverenza ed assistenza. Quale non fu perciò l’ossequio e l’amore appassionato che la Santa nutrì per il Romano Pontefice! Ella contempla in lui “il dolce Cristo in terra”, a cui si deve filiale affetto e obbedienza.
    [...] Il messaggio di una fede purissima, di un amore ardente, di una dedizione umile e generosa alla Chiesa cattolica, quale Corpo mistico e Sposa del Redentore divino: questo è il messaggio tipico di santa Caterina.

    2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 1, 5 - 2, 2

    Figlioli miei, questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

    3) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio – Patrizia Gasponi in www.preg.audio.org) su 1 Lettera di Giovanni 1, 5 - 2, 2

    "Se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato" (1 Gv 1,7) - Come vivere questa Parola?
    Camminare nella luce non è solo una bella metafora. Nella sua significazione profonda vuol dire vivere con Gesù che ha detto di essere la luce del mondo. E vive con Gesù non tanto chi gli snocciola ‘dolci preghiere' quanto piuttosto chi evita il peccato e s'impegna a vivere il precetto dell'amore vicendevole che - nota bene - è ben più che un precetto! Propone infatti uno stile nuovo di vita che - dice il testo - è un "essere in comunione gli uni con gli altri".
    Bellissima espressione che poi si apre a un'altra conseguenza molto rassicurante: il sangue del Signore Gesù non è solo forza vitale che scorre in questa realtà di comunione, ma è - Esso stesso - impeto purificatorio che cancella il nostro peccato.
    Ecco, questo del ‘sangue che ci redime' e dà vigore alla nostra vita di credenti è un tema molto caro a S. Caterina da Siena, patrona d'Italia e grande donna illuminata dallo Spirito Santo.
    Nelle sue lettere indirizzate a una vasta gamma di destinatari (perfino numerosi prelati e il Sommo Pontefice) S. Caterina continua anche oggi a tener vivo, nella Chiesa, il culto del sangue di Cristo Gesù. Sentiamolo anche noi spiritualmente come l'impeto di un fiume salvifico che ci raggiunge nelle intenzioni della mente, nei sentimenti del cuore e dà vigore alla nostra volontà.
    Gesù per intercessione di S. Caterina, scorra nella Chiesa e in me che ne sono membro, il sangue del Signore, Mi ravvivi nella volontà di amare.
    Ecco la voce della fondatrice delle Missionarie della carità Beata Teresa di Calcutta: "Non permettete che niente vi riempia di tristezza, fino al punto di farvi dimenticare la gioia di Cristo risorto".

    La Prima Lettera di Giovanni fa parte delle lettere cattoliche, cioè le lettere non scritte da san Paolo, non indirizzate esplicitamente a qualche comunità particolare e per questo universali (katholikòs). Essendo priva di un’intestazione, presente invece nelle lettere di Paolo, non appare come una lettera vera e propria. Ci troviamo probabilmente ad Efeso o comunque in una comunità d’Asia. L’autore, probabilmente lo stesso del quarto Vangelo, svolgeva il suo ministero in un contesto in cui stavano nascendo lo gnosticismo e il docetismo, false versioni del Cristianesimo, sia a livello di dottrina sia a livello di pratica. La gnosi era una “conoscenza” religiosa speciale e personale, riservata a pochi privilegiati, da cui si pensava venisse la salvezza: se la salvezza viene dalla sola conoscenza intellettuale, il comportamento perde valore. La gnosi ricorreva continuamente, invece, a dualismi come luce e tenebre, verità e menzogna, vita e morte. I docetisti non credevano in una reale incarnazione del Cristo: la carne del Cristo era pura “apparenza”, seppur motivata dall’intenzione di illuminare gli uomini. La morte, il dolore, la resurrezione perdevano così spessore. L’apostolo risponde a questo sviluppo preoccupante dicendo che la verità è evidente nella sostanza delle cose, innanzitutto nei fatti storici riguardanti la vita e l’opera di Cristo, poi nella trasformazione di coloro che credono in lui. E Giovanni usa qui una logica ferrea: «Dio è luce. Se diciamo di essere con Dio ma camminiamo nelle tenebre, allora mentiamo». Questo linguaggio è tagliente, non lascia spazio a compromessi nei comportamenti, così abituali, nella vita spirituale e pratica.

    4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 30

    In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
    Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


    5) Riflessione ( www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) sul Vangelo secondo Matteo 11, 25 - 30

    La reazione della gente di Nazaret a proposito della sapienza di Gesù fa pensare al capitolo del Siracide, che contrappone il lavoro manuale e la legge. La gente del popolo (operai, contadini) dice il Siracide, mette tutta la sua attenzione nelle cose materiali; lo scriba invece ha pensieri profondi, cerca le cose importanti e può essere consultato per il buon andamento della città.
    La gente di Nazaret si domanda: "Da dove mai viene a costui questa sapienza? Non è il figlio del carpentiere?", che non ha studiato e non può avere cultura?
    È chiaro: la sapienza di Gesù è sapienza divina ed egli ha insistito varie volte sul mistero di Dio che viene rivelato ai piccoli, ai semplici e nascosto ai sapienti ed ha criticato gli scribi "che dicono e non fanno".
    D'altra parte il Vangelo insiste anche sulla parola: è necessario accogliere la parola di Dio E soltanto se ispirato alla parola di Dio il lavoro vale. "Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre".
    "Tutto quello che fate", siano lavori materiali, siano discorsi. Il Vangelo inculca il servizio sincero, umile, la disponibilità nella carità, per essere uniti a Gesù, figlio del carpentiere, che ha dichiarato di essere venuto a servire. La vera dignità consiste nel servizio dei fratelli, secondo le proprie capacità, in unione con Gesù, Figlio di Dio.
    Verifichiamo la nostra scala di valori, per renderla sempre più aderente ai pensieri di Dio.

    «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. (Mt 11, 25) - Come vivere questa Parola?
    Le cose nascoste ai dotti sono da Dio rivelate ai piccoli. "Piccoli" che nella storia della Chiesa abbiamo più volte visto trasformarsi ed ergersi come giganti, ricostruendo l'opportunità di tornare a Dio, di comprendere, interpretare più profondamente il Vangelo nel loro oggi.
    Santa Caterina, patrona d'Italia. Una santa lontana nel tempo e nella nostra sensibilità, vissuta in un medioevo pieno di luce e di ombre che ancora molto può dirci. Caterina: donna di religione, cioè consacrata alla preghiera e all'azione nel neonato ordine domenicano, scelta ritenuta sconveniente per una così giovane donna. Donna interventista, cosa del tutto inusuale per un'epoca dominata da imperante maschilismo, ha agito nella vita politica del tempo con inattesa efficacia, richiamando tutti (anche il papa!) all'essenzialità. Contro il rischio di una Chiesa troppo compromessa e timorosa nell'agire politico Caterina richiama il papa al suo dovere di restare nella propria Diocesi - Roma - abbandonando la provvisoria anche se più sicura Avignone. Abbiamo bisogno di donne del genere, la Chiesa ha bisogno di lasciare più spazio (e molto!) al carisma femminile della Parola di Dio, di profetesse che richiamino la Chiesa e la nazione italiana alle proprie origini, dicendo ancora e ancora che solo la fede e la preghiera e il silenzio possono plasmare caratteri e situazioni.
    Affidiamo la nostra nazione, un tempo terra di santi poeti e navigatori, oggi sempre più omologata ad un pensiero globale dominante gretto ed egoista. Santa Caterina, col suo piglio deciso di donna toscana, ci richiami all'essenziale!
    Ecco la voce del Beato Paolo VI (04/10/1970): Caterina da Siena offre nei suoi scritti uno dei più fulgidi modelli di quei carismi di esortazione, di parola di sapienza e di parola di scienza, che san Paolo mostrò operanti in alcuni fedeli presso le primitive comunità cristiane. [...] Ed invero, quanti raggi di sovrumana sapienza, quanti urgenti richiami all'imitazione di Cristo in tutti i misteri della sua vita e della sua Passione, quanti efficaci ammaestramenti per la pratica delle virtù, proprie dei vari stati di vita, sono sparsi nelle opere della Santa! Le sue Lettere sono come altrettante scintille di un fuoco misterioso, acceso nel suo cuore ardente dall'Amore Infinito, ch'è lo Spirito Santo.

    «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo... Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». (Mt 11, 25-27; 29) - Come vivere questa Parola?
    Matteo, nel Vangelo della festa odierna di S. Caterina, ci riporta una preghiera di Gesù piuttosto rara. Si tratta di una lode esultante di gioia, in presa diretta con il Padre. I Padri della Chiesa antica l'hanno chiamata giubilo: un grido di esultanza sgorgato dal cuore di Gesù.
    Il Maestro di Nazareth sapeva, per diretta conoscenza di causa, che quelli che avrebbero dovuto riconoscere il Messia con più facilità - gli scribi e i dottori della Legge (i dotti e i sapienti del suo tempo) - non erano riusciti nell'impresa. Al contrario, egli fa notare, sono in realtà i piccoli, i poveri, i semplici (come i suoi discepoli) a capire chi è Gesù e a seguirlo.
    Molti sapienti ed eruditi nella storia hanno tentato di incontrare Dio o di conoscere Gesù, ma invano, perché non l'hanno cercato sulla strada che porta a lui: la strada dell'umiltà e della piccolezza. Anche noi, forse, siamo tentati di vedere in Gesù l'uomo forte, capace di superare se stesso trascendendo i limiti della sua umanità. Gesù non è stato un eroe, e neppure un superuomo. È stato semplicemente un uomo, che si è rivela anche Dio, nell'umiliazione, nella piccolezza e nella debolezza, quella forte debolezza di Dio di cui parla S. Paolo (1 Cor 1,25). Ecco perché tutta la forza di Gesù sta nella dolcezza e tenerezza del suo cuore: «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» (v. 29).
    In questa Festa di S. Caterina, è la stessa santa di Siena, che, alla scuola dell'unico Maestro, ci traccia la strada sicura per incontrare Dio: è la strada della nostra piccolezza e povertà, della nostra debolezza che si affida totalmente alla sua Grazia.
    Ripeterò lungo la giornata più volte questa preghiera-giubilo sgorgata dal cuore del Figlio.
    Ecco la voce di Dio alla Santa Patrona d’Italia (Parole rivolte a Santa Caterina dal Signore in una visione, e riferite dal suo confessore il beato Raimondo da Capua): «Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose, sarai beata. Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono. Se avrai nell'anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le sue insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti, e acquisterai senza difficoltà ogni grazia, ogni verità e ogni lume».

    6) Per un confronto personale

    - Per l’amore che santa Caterina, tua serva fedele, ebbe verso la Chiesa e il successore dell’apostolo Pietro, proteggi il papa N. e tutto il popolo cristiano e fa’ che gregge e pastore procedano sicuri nel cammino della salvezza. Noi ti preghiamo?
    - Per l’intercessione di santa Caterina, patrona d’Italia e d’Europa, benedici la nostra nazione e il nostro continente e fa’ che valorizzino l’eredità delle proprie tradizioni cristiane. Noi ti preghiamo?
    - Per l’instancabile sollecitudine di santa Caterina verso gli ultimi, apri il nostro cuore ai sofferenti e fa’ che la nostra società sia pacificata e ospitale. Noi ti preghiamo?
    - Per la sapienza di cui hai colmato santa Caterina, illumina quanti cercano di leggere i segni dei tempi e fa’ che ovunque sia stimata la geniale creatività della donna. Noi ti preghiamo?
    - Per la fede ardente che santa Caterina ebbe nell’Eucaristia, concedi anche a noi di attingere assiduamente a questa divina fonte e fa’ che ci incamminiamo con coraggio sulla via della santità. Noi ti preghiamo?




    7) Preghiera finale: Salmo 102
    Benedici il Signore, anima mia.


    Benedici il Signore, anima mia,
    quanto è in me benedica il suo santo nome.
    Benedici il Signore, anima mia,
    non dimenticare tutti i suoi benefici.

    Egli perdona tutte le tue colpe,
    guarisce tutte le tue infermità,
    salva dalla fossa la tua vita,
    ti circonda di bontà e misericordia.

    Misericordioso e pietoso è il Signore,
    lento all’ira e grande nell’amore.
    Non è in lite per sempre,
    non rimane adirato in eterno.

    Come è tenero un padre verso i figli,
    così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,
    perché egli sa bene di che siamo plasmati,
    ricorda che noi siamo polvere.

    Ma l’amore del Signore è da sempre,
    per sempre su quelli che lo temono,
    e la sua giustizia per i figli dei figli,
    per quelli che custodiscono la sua alleanza.
     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Martedì della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    Lectio: Atti degli Apostoli 14, 19 - 28
    Giovanni 14, 27 - 31


    1) Preghiera

    O Padre, che nella risurrezione di Cristo tuo Figlio ci rendi creature nuove per la vita eterna, dona a noi, tuo popolo, di perseverare nella fede e nella speranza, perché non dubitiamo che si compiano le tue promesse.

    2) Lettura: Atti degli Apostoli 14, 19 - 28

    In quei giorni, giunsero [a Listra] da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe. Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

    3) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio – Carla Sprinzeles) su Atti degli Apostoli 14, 19 - 28

    "Paolo e Barnaba rianimavano i discepoli esortandoli a restare saldi nella fede" (Atti 14,22) - Come vivere questa Parola?
    Quel che gli Atti degli Apostoli narrano, ci rende consapevoli che questa nostra fede cristiana è una fiaccola continuamente ravvivata dai credenti. sì, è un fuoco vivo, non un insieme di verità da passare continuamente al vaglio della ragione, ma piuttosto una verità - luce - che si fa vita.
    Anche il fuoco, se non lo alimenti, si spegne; sia quello che accendi per ripulire le siepi dagli sterpi, sia quello che hai acceso per cucinare o per altre necessità.
    Così è della fede! Troppa gente oggi, dopo aver ricevuto la cresima, si congeda da ogni impegno di continuità nella pratica dei sacramenti. In tal modo a poco a poco diventa indifferente e miscredente.
    Restare saldi nella fede è possibile è possibile, anzi è vitale.
    Signore, aiutami a ‘restare saldo nella fede', accostandomi spesso ai sacramenti della riconciliazione e dell'eucaristia.
    È così che la mia vita fiorirà di pensieri sentimenti e decisioni davvero degni dell'uomo e del cristiano. È così che non mi verrà a mancare la gioia del cuore.
    Ecco la voce di un Santo Dottore della Chiesa S. Francesco di Sales: "La fede è la grande amica del nostro spirito e, a buon diritto, può parlare alle scienze umane."

    Nella prima lettura, in queste domeniche di Pasqua si leggono gli Atti degli Apostoli, dove leggiamo come viene diffusa la "buona notizia" del Vangelo.
    È in atto nel mondo, dopo la resurrezione di Cristo, una forza radicale di trasformazione.
    Certo non si tratta di una novità facile. Incontra resistenze, per cui è "necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio!"
    Cosa significa "entrare nel regno di Dio"? vuol dire andare verso un Regno in cui la morte è superata, il pianto asciugato e l'amore sarà la legge di tutto. Questo orizzonte cristiano dobbiamo tenerlo davanti agli occhi.
    Non è un'autoconsolazione, è Parola di Dio, ma per arrivarci occorre attraversare "molte tribolazioni", non essere compresi, non essere coerenti!
    Non è una novità momentanea, evanescente, che può essere sostenuta da un entusiasmo epidermico e passeggero, occorre "restare saldi nella fede".
    Paolo e Barnaba sono alla fine del primo viaggio e raccomandano la fedeltà.
    C'è poi una novità all'interno delle comunità.
    Paolo e Barnaba nominano degli anziani (presbiteri) come responsabili di ogni comunità, che dovranno consolidare il lavoro compiuto da Paolo e Barnaba.
    Dovranno rianimare, esortare, incoraggiare e affrontare serenamente le prove.
    La preoccupazione dominante non è l'organizzazione, seppure necessaria, ma la vita.
    La struttura è in vista della vita e non può sostituirla né tanto meno soffocarla.
    "Li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto".
    Tutti vengono affidati al Signore: guide e semplici membri della comunità, a indicare che l'unica guida è lui. Lui solo dà affidamento. Soltanto grazie al Pastore supremo la comunità è al sicuro e può affrontare con speranza l'avvenire.
    Oggi più che mai è necessario coltivare e promuovere i ministeri, i servizi che i battezzati, i cristiani svolgono nella comunità ecclesiale, a fianco del presbitero.
    All'arrivo ad Antiochia, punto di partenza della missione, Paolo e Barnaba fanno un resoconto della loro spedizione a quella chiesa. Non si vantano, non sono dei propagandisti che illustrano i successi personali, frutto della loro capacità persuasiva.
    Si tratta invece di documentare l'efficacia di quella Parola di cui loro sono stati semplicemente servitori: "Riferivano tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo di loro".
    È un rendimento di grazie, è un'eucarestia, che costruisce la comunità attraverso una rete di relazioni fraterne e solidali nella comune preghiera.

    4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 14, 27 - 31

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
    Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».


    5) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) sul Vangelo secondo Giovanni 14, 27 - 31

    Ad Auschwitz, nel campo di concentramento, c’era un carcere: il famigerato Blocco II. Là, in una cella sotterranea san Massimiliano Kolbe è morto d’inanizione dopo una lunga e penosa agonia, attorniato da ogni tortura e miseria umana. Fuori c’era il cortile in cui circa ventimila uomini furono assassinati; di fianco, l’“ospedale” in cui si praticava la vivisezione su esseri umani, mentre, in fondo alla strada, si trovava il forno crematorio. Eppure, nel cuore di padre Kolbe regnava quella pace che Cristo aveva promesso di dare ai discepoli che, seguendo il suo esempio, sarebbero morti per la vita di altri.
    In circostanze simili, san Tommaso More pregava nella torre di Londra: “La perdita dei beni temporali, degli amici, della libertà, della vita e di tutto il resto non è nulla se si guadagna Cristo”.
    Il potente di questo mondo regna per mezzo della paura e dell’intimidazione. Ma Cristo dice: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”.
    Ci dà in dono la pace, non la pace del mondo, cioè la pace della sazietà e della noia, la pace nata dal compromesso, la pace dei morti viventi, ma la pace dell’unione con Dio, nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Una tale pace, nata nel perdono dei peccati e nutrita dall’amore, l’amore di Dio per noi, aumenta in proporzione a ciò che soffriamo per Cristo.

    «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv. 14,27) - Come vivere questa Parola?
    Queste parole dette da Gesù fanno parte del discorso d'addio dell'Ultima Cena: sono un po' il suo testamento spirituale. Gesù prepara i suoi discepoli a vivere il futuro, quando Lui non sarà più fisicamente in mezzo a loro e verrà un altro "Consolatore (il Paraclito, lo Spirito Santo) e porterà la pace come grande dono.
    La pace non è solo assenza di guerra, non è solo frutto di compromessi, ma è fondamentalmente l'insieme dei beni messianici, la serenità e la gioia della concordia e del rispetto reciproco.
    Una pace che nasce dal sacrificio di Cristo sulla croce e dalla gioia della risurrezione e che si diffonde tra le persone che incarnano il messaggio di Cristo
    O Signore, fa' che tutti gli uomini si ritrovino uniti nella concordia e nella pace.
    Ecco la voce dalla liturgia della Messa (dal Messale Romano, preghiera dopo l'embolismo al Padre Nostro): «Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi Apostoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli». Amen.
    Ecco la voce di un Vescovo Santo di cui è in corso il processo per la beatificazione. Tonino Bello:
    "Amiamo il mondo e la sua storia.
    Vogliamogli bene.
    Usiamogli misericordia.
    Adoperiamoci perché la sua cronaca
    Diventi storia di pace e salvezza."

    «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che io vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate". (Gv 14, 27-29) - Come vivere questa Parola?
    Le parole di Gesù contenute nel Vangelo odierno fanno parte dei cosiddetti "discorsi di Addio" caratteristici di Giovanni, che ritroveremo anche in tutti i giorni che seguono. Essi vogliono offrire uno sguardo sul futuro perché possa aiutare i discepoli a vivere il presente e a preparare il domani. Vogliono orientare il cuore dei discepoli verso realtà più grandi del solito quotidiano e offrire una comprensione più profonda degli avvenimenti che stanno per compiersi.
    Esse costituiscono il prezioso testamento spirituale lasciato in eredità dal Signore prima della sua partenza definitiva. Sono parole che hanno un tono tutto particolare, perché anticipano realtà nuove che porteranno alla testimonianza della fede coloro che ne faranno memoria. Parole che vengono consegnate da Gesù a un altro Maestro, lo Spirito Santo, che le insegnerà e le farà ricordare alle comunità di ogni epoca storica, perché possano viverle in una forma nuova, adatta alle necessità proprie dei tempi.
    Una di queste parole importanti è quella riportata proprio all'inizio del Vangelo di oggi: la Pace. Il dono della Pace è messo in forte rilievo attraverso la ripetizione ravvicinata del termine (anafora). Essa non è un semplice saluto, ma è molto di più: è la Pace che raccoglie in sintesi tutti i beni più preziosi della vita e della persona. Dunque, la Pace di Cristo non si può in alcun modo equiparare a quella che può dare il mondo, una pace che è frutto in genere di compromessi dei re della terra, di guerre continue, di violenze, di odio e di sopraffazione. Il Re della Pace non scenderà mai a competere con gli altri sovrani di questo mondo, ma si lascerà incoronare Re sul trono della Croce.
    Oggi, nel mio rientro al cuore, pregherò il Re della Pace perché conceda alla sua Chiesa e a ciascuno di noi il grande dono messianico della Shalom.
    Ecco la voce della liturgia (dal Messale Romano, preghiera dopo l'embolismo al Padre Nostro): «Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi Apostoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli». Amen.

    6) Per un confronto personale

    - Per tutti i pastori posti a capo delle Chiese e comunità locali, perché siano fedeli al loro mandato di rinsaldare i cristiani nella fede. Preghiamo?
    - Per i laici impegnati nell'azione sociale e politica della pace, perché si conformino sempre allo spirito cristiano della non violenza e del perdono. Preghiamo?
    - Per le classi sociali e per le nazioni più in conflitto, perché promuovano progetti di pacificazione fondati sulla giustizia. Preghiamo?
    - Per la nostra comunità, perché sia capace di gesti concreti di riconciliazione e di fraternità. Preghiamo?
    - Per noi chiamati ad essere pacificatori, perché non ci lasciamo turbare dalle paure della morte o dell'incertezza del futuro, ma confidiamo nella presenza del Cristo che ci ama. Preghiamo?
    - Per i governanti delle nazioni. Preghiamo?
    - Per gli organismi internazionali che promuovono la pace. Preghiamo?


    7) Preghiera finale: Salmo 144
    I tuoi amici, Signore, proclamino la gloria del tuo regno.


    Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
    e ti benedicano i tuoi fedeli.
    Dicano la gloria del tuo regno
    e parlino della tua potenza.

    Per far conoscere agli uomini le tue imprese
    e la splendida gloria del tuo regno.
    Il tuo regno è un regno eterno,
    il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.

    Canti la mia bocca la lode del Signore
    e benedica ogni vivente il suo santo nome,
    in eterno e per sempre.
     
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Mercoledì della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    San Giuseppe Lavoratore
    Lectio: Atti degli Apostoli 15, 1 - 6
    Matteo 13, 54 - 58


    1) Preghiera

    O Dio, che hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro al disegno della tua creazione, fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Giuseppe siamo fedeli ai compiti che ci affidi, e riceviamo la ricompensa che ci prometti.

    2) Lettura: Atti degli Apostoli 15, 1 - 6

    1 Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: «Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi».
    2 Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. 3 Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. 4 Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.
    5 Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
    6 Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.


    3) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Paola Magnani in www.preg.audio.org - Casa di Preghiera San Biagio) su Atti degli Apostoli 15, 1 - 6

    La riunione di cui si parla nell’ultimo versetto del brano è quello che è stato tramandato col nome di “Concilio di Gerusalemme”: un momento di incontro cruciale per la storia della Chiesa dove gli apostoli – garanti dell’autenticità del legame della Chiesa con la figura storica e l’insegnamento di Gesù – e gli anziani – responsabili della vita delle comunità – mettono in odg una questione da esaminare con grande ponderatezza, perché dal conflitto in atto tra idee antitetiche dovrà scaturire la direzione da seguire in futuro, valida per tutta la Chiesa nascente. Le due posizioni in ballo le troviamo rispettivamente, una al centro del brano e l’altra ad incorniciarlo. Infatti esso inizia e finisce ricordando la posizione intransigente di Giudei e Farisei convertiti, che volevano imporre anche ai nuovi credenti provenienti dal mondo pagano, la circoncisione, quale condizione indispensabile per la salvezza; mentre il centro della pericope ci riporta il viaggio di Paolo e Bàrnaba da Antiòchia a Gerusalemme, pieno dei racconti delle numerosissime conversioni di pagani e della gioia che tali racconti suscitano nei fratelli di fede. Salta agli occhi l’antitesi tra l’intransigenza degli uni e l’accoglienza semplice degli altri. E non è che questi – Paolo per primo – siano degli ingenui sprovveduti che non conoscano la legge mosaica: sappiamo bene che Paolo era nato come Sàulo e si era formato come fariseo, e dei più intransigenti, ortodosso e persecutore della setta eretica dei cosiddetti Cristiani. Cos’è allora che rende Paolo accogliente, inclusivo (come diremmo oggi), più gioioso per la conversione di tanti pagani, che preoccupato della loro adesione perfetta alla legge di Mosè? É l’avere sperimentato in prima persona che nessuna pratica religiosa, per quanto rigidamente osservata, è in grado di salvare l’uomo, né di infondere la gioia nel suo cuore: solo la voce piena d’amore di Gesù, chiamandolo a vivere solo per Lui, è stata in grado di infondere nella sua vita tanta gioia, insieme al perdono della presunzione di Sàulo di salvarsi ottemperando alle norme. Non è il rigore dell’osservanza formale che ci fa sperimentare la pace del cuore, ma il fatto di sentirlo alleggerito dei suoi peccati – compiuti o potenziali – grazie al sacrificio di Gesù, capace di portare l’unica vera liberazione di cui l’uomo ha bisogno. Non è un caso se tanti personaggi letterari “cattivi” o “neri” vengono descritti come rigorosi applicatori di norme: incapaci di usare misericordia a se stessi, non ne hanno per gli altri e si chiudono all’azione di chi è essenzialmente Misericordia, il Padre celeste. Non è un caso purtroppo nemmeno se tanti ragazzi e ragazze di oggi, tanti giovani, tanti uomini e tante donne appaiono così privi di compassione nei confronti degli altri e – spessissimo – di sé stessi: non hanno avuto la possibilità di sperimentare il perdono, né quello delle persone a sé vicine, né quello di Dio, del quale ormai troppo pochi si fanno testimoni, privando così il mondo dell’unico annuncio capace di trasformarlo. Perché cambia le persone nel loro intimo e fa conoscere loro l’unica vera gioia e l’unica vera pace.

    Si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: "È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè". Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema. (Atti 15,5-6) - Come vivere questa Parola?
    Le vicissitudini della Chiesa primitiva non sono tanto diverse da quelle che viviamo anche oggi. La venuta di Gesù è stata come l'irrompere del vino uovo in vecchi recipienti tarlati e corrosi dal tempo. Il suo vangelo è stato dirompente. Bada: non della legge di Mosè, di quel decalogo che, consegnato da Dio sul monte Sinai, è e rimarrà il binario santo per correre sulle vie della vita evitando strapiombi e sabbie di morte. Il vangelo è stato dirompente di quelle interpretazioni e di quegli ammennicoli in calce alla legge data da Dio e scritta soprattutto nel cuore dell'uomo, quando è vero uomo.
    Ma c'erano i detentori della purezza della legge intesa da loro alla lettera e non penetrata nello spirito. Attaccati alla pratica religiosa (in questo caso alla circoncisione) non credevano, di fatto, alla forza innovante di Cristo, al suo vangelo e alla pratica per eccellenza che è quella di vivere quanto Gesù ha riconosciuto come il suo vangelo: "Amatevi come io vi ho amati". È interessante osservare come gli apostoli e gli anziani (il senno, il sale, la luce!) reagiscono. Non si adirarono, non entrarono in accese polemiche, non emisero giudizi. Piuttosto si riunirono "per esaminare il problema". Cosa che, certo, avranno fatto alla luce degli insegnamenti di Gesù e di quella libertà, semplificazione degli spiriti che egli è venuto a portare.
    Signore, dammi mente pensante, cuore aperto alla tua verità, decisionalità liberante.
    Ecco la voce di un testimone Dietric Bonhoeffer: Essere liberi non significa nient'altro che stare nell'amore: stare nella verità di Dio.

    4) Lettura: dal Vangelo secondo Matteo 13, 54 - 58

    In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

    5) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) sul Vangelo secondo Matteo 13, 54 - 58

    La reazione della gente di Nazaret a proposito della sapienza di Gesù fa pensare al capitolo del Siracide, che contrappone il lavoro manuale e la legge. La gente del popolo (operai, contadini) dice il Siracide, mette tutta la sua attenzione nelle cose materiali; lo scriba invece ha pensieri profondi, cerca le cose importanti e può essere consultato per il buon andamento della città.
    La gente di Nazaret si domanda: "Da dove mai viene a costui questa sapienza? Non è il figlio del carpentiere?", che non ha studiato e non può avere cultura?
    È chiaro: la sapienza di Gesù è sapienza divina ed egli ha insistito varie volte sul mistero di Dio che viene rivelato ai piccoli, ai semplici e nascosto ai sapienti ed ha criticato gli scribi "che dicono e non fanno".
    D'altra parte il Vangelo insiste anche sulla parola: è necessario accogliere la parola di Dio E soltanto se ispirato alla parola di Dio il lavoro vale. "Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre".
    "Tutto quello che fate", siano lavori materiali, siano discorsi. Il Vangelo inculca il servizio sincero, umile, la disponibilità nella carità, per essere uniti a Gesù, figlio del carpentiere, che ha dichiarato di essere venuto a servire.
    La vera dignità consiste nel servizio dei fratelli, secondo le proprie capacità, in unione con Gesù, Figlio di Dio.
    Verifichiamo la nostra scala di valori, per renderla sempre più aderente ai pensieri di Dio.

    «Gesù insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere? [...] Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?". [...] E si scandalizzavano per causa sua». - Come vivere questa Parola?
    Oggi la liturgia socchiude delicatamente l'uscio di una singolare bottega artigiana per introdurci nella contemplazione dell'icona di san Giuseppe lavoratore. Essa annuncia il mistero di un Dio apprendista che vive trent'anni di feriale umanità accanto al padre putativo, suo maestro nell'arte del falegname. Nella sobrietà di questo ambiente semplice, oggi diremmo alternativo, il Figlio di Dio, come nelle acque del Giordano, s'immerge nella fatica del lavoro restaurando in tal modo un valore sfigurato dal peccato originale. Tale è l'ordinarietà operosa di questa piccola azienda a conduzione familiare che la gente si stupisce del figlio del carpentiere divenuto ad un tratto maestro e taumaturgo: «Da donde gli vengono tutte queste cose?», ci si chiede in giro.
    Contemplando quest'icona riconosciamo il lavoro come vocazione e ne cogliamo la dignità ritenendolo al contempo «affermazione di libertà e di trascendenza rispetto alla natura». Il fascino di un Dio che lavora e suda come noi edificando il regno di Dio attraverso una laboriosità ritmata nell'alternarsi armonioso di preghiera, relazioni comunitarie e lavoro c'interpella. Direi che scardina il nostro disordine strutturale che, oggi più che mai, tende a ridurci a "forza lavoro" corrompendo il nostro desiderio d'infinito con i traguardi ambiziosi dell'avere, dell'avere subito, sempre di più e a tutti i costi.
    Nel mio rientro al cuore oggi contemplerò Giuseppe, il maestro artigiano, considerando l'unità di chi, come scrive una contemplativa dei nostri giorni, "si concede alla pienezza del momento presente in cui compie la propria attività sotto lo sguardo Dio". E al Figlio apprendista ricorderò il disagio di chi non ha lavoro ed ha famiglia.
    Le nostre mani prolunghino la Tua opera, Signore, e siano docili alla Tua provvidenza. Il lavoro non ci schiavizzi ma ci liberi, ci stanchi ma non ci sfianchi e c'impegni senza assorbirci perché il nostro cuore non si distolga mai da Te e dal respirare Te in ogni cosa.
    Ecco la voce di un grande maestro spirituale dei primi secoli Basilio il Grande: Non si deve dire: «Ma io prego» per giustificare la propria pigrizia, il proprio orrore alla fatica. Coloro che evitano il lavoro adducendo questo pretesto ricordino bene ciò che dice l'Ecclesiaste: "Ogni cosa va fatta a suo tempo".

    "Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?" (Mt 13, 55-56) -
    Come vivere questa Parola?
    Continua la sorpresa... il tempo di Pasqua è quello ideale per riflettere sulla dimensione sconcertante del vangelo. L'unica cosa davvero non dimostrabile è proprio la resurrezione, di essa non ci sono prove storiche. È un evento che irrompe, incomprensibile, ma forte, a tal punto che l'energia da lì scatenatasi, travolge e si fa irresistibile. Eppure la tentazione di tutti davanti all'insolito è quello di dare una spiegazione, che banalizza magari, così da riportare tutto ad un piano accettabile anche da una micro anima, da una micro intelligenza. La resurrezione viene ridotta ad un furto di cadavere, così come la parola autorevole di Gesù era stata ricondotta dai suoi compaesani di Nazareth ad esito di cui diffidare, essendo l'origine di quell'uomo troppo umile, ben conosciuto e dunque senza possibili soprese. Come se essere figli di un falegname fosse un disonore! Dimenticando, poi, che fin dagli inizi dei tempi, a Dio è piaciuto partire dal basso, da quello che gli uomini consideravano scarto.
    Signore, aiutaci a diffidare di chi vuol dare una ragione tutto, senza intelligenza. Aiutaci a diffidare di chi disprezza il lavoratore, la persona che umilmente costruisce la sua vita ogni giorno, generando nuova vita per altri. Donaci invece l'intelligenza del tuo Spirito che sa dare ragione alla speranza, apre le menti e i cuori alla novità, allena alla capacità di sorprendersi e di lasciarsi afferrare dall'incomprensibile!
    Ecco la voce di papa Francesco (Evangelii gaudium, 280): Tuttavia non c'è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera. Egli sa bene ciò di cui c'è bisogno in ogni epoca e in ogni momento. Questo si chiama essere misteriosamente fecondi!

    6) Per un confronto personale

    - Signore Dio, che hai creato la terra perché diventasse la dimora dell'uomo, aiutaci a renderla, col nostro lavoro, sempre più umana e abitabile. Preghiamo?
    - Signore, che hai nobilitato l'opera delle mani dell'uomo facendoti tu stesso lavoratore, fa' che non diventiamo mai schiavi del lavoro e del guadagno, ma ce ne serviamo come mezzo di liberazione a gloria del tuo nome. Preghiamo?
    - Signore, che hai manifestato la tua predilezione per i poveri e gli oppressi, aiuta i disoccupati ad avere un lavoro sicuro e una condizione degna di uomini liberi. Preghiamo?
    - Signore, che hai scelto una famiglia povera e un villaggio sconosciuto per la tua dimora fra noi, fa' che non disprezziamo le cose umili e semplici, perché attraverso di esse tu ci porti la salvezza. Preghiamo?
    - Per i movimenti sindacali. Preghiamo?
    - Per la giustizia e l'onestà nel lavoro. Preghiamo?



    7) Preghiera finale: Salmo 121
    Il mio aiuto viene dal SIGNORE,


    Alzo gli occhi verso i monti...
    Da dove mi verrà l'aiuto?
    Il mio aiuto vien dal SIGNORE,
    che ha fatto il cielo e la terra.

    Egli non permetterà che il tuo piede vacilli;
    colui che ti protegge non sonnecchierà.
    Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà.

    Il SIGNORE è colui che ti protegge;
    il SIGNORE è la tua ombra;
    egli sta alla tua destra.

    Di giorno il sole non ti colpirà,
    né la luna di notte.
    Il SIGNORE ti preserverà da ogni male;
    egli proteggerà l'anima tua.
    Il SIGNORE ti proteggerà, quando esci e quando entri,
    ora e sempre.
     
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Giovedì della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    Sant’Atanasio
    Lectio: Atti degli Apostoli 15, 7 - 21
    Giovanni 15, 9 - 11


    1) Orazione iniziale

    Dio onnipotente ed eterno, che hai suscitato nella Chiesa il vescovo sant’Atanasio, insigne assertore della divinità del tuo Figlio, fa’ che, per il suo insegnamento e la sua intercessione, cresciamo sempre più nella tua conoscenza e nel tuo amore.

    2) Lettura: Atti degli Apostoli 15, 7 - 21

    In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro». Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro. Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: “Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò, perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre”. Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe».

    3) Commento (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - www.paolaserra97.com) su Atti degli Apostoli 15, 7 - 21

    "In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede" (At 15, 7- 9) - Come vivere questa Parola?
    Gli Atti degli Apostoli, narrando quel che capita nella vita dei primi cristiani, ci rivelano anche quel che sempre succede tra i gruppi di persone anche credenti. C'è chi la pensa in un modo e chi in un altro. È necessario però che, come accade qui, ci sia una persona meritevole di stima e ascolto, che dica una parola illuminata dalla fede e sia capace di orientare la mente e il cuore dei fedeli.
    Qui è Pietro a esprimere qualcosa che in quel momento è rassicurante; Egli infatti non teme di far conoscere la scelta di Dio in ordine alla diffusione del Vangelo.
    È Dio che conosce i cuori; dunque Pietro afferma senza paura che anche coloro che sono appena giunti alla fede sono investiti dallo spirito Santo. Egli concede anche a loro quella purificazione del cuore per cui si giunge alla fede, accogliendo cioè quel che il Signore Gesù è venuto a portare.
    Interessante il fatto che Pietro sottolinea l'identica possibilità di accedere a questo cammino di giustizia di verità di amore, senza discriminare affatto quelli che sono arrivati da poco alla scelta cristiana.

    Signore, questa pericope è luce di verità sempre attuale. Ci mette in guardia dal crederci più a posto degli altri: quasi figli di Dio privilegiati. No! L'amore, quando è vero, non discrimina; se mai inonda di grazia e di gioia i cuori più liberi, più ricettivi e pronti ad accogliere la verità, non solo da conoscere ma da vivere.
    Ecco la voce di un poeta indiano Kabir: Nelle tue vene, nelle mie, non scorre che un solo sangue ed è la medesima vita a renderci vivi tutti! Poiché un'unica madre tutti ci ha generato. Ma dove abbiamo imparato a dividerci così?

    La lettura di oggi è una bella catechesi per tutti: per noi che molto spesso ci arrocchiamo sulle nostre posizioni convinti che le nostre idee siano le sole buone e valide. Dobbiamo invece imitare la comunità cristiana descritta nel testo di oggi e imparare ad ascoltare le idee di tutti, soprattutto quando sono diverse dalle nostre, dobbiamo imparare a valutare anche i pensieri degli altri.
    Un atteggiamento più tollerate aiuterebbe a diventare cristiani migliori, cristiani che mettono al primo posto non i propri pensieri, ma la volontà di Gesù e del Suo Spirito. Ma come possiamo riconoscere la volontà di Dio e del Suo spirito?... Facendo silenzio... solo così riusciremo a sentire quando Dio parla per bocca dei fratelli. Accogliamo allora anche la parola di altri, perché da soli la visione che abbiamo potrebbe essere poco chiara. Tutti abbiamo bisogno di tutti... e confrontarci con idee diverse aiuta a far crescere una comunità. Dobbiamo però stare attenti, perché non bastano le buone intenzioni... ma dobbiamo vigilare perché il dialogo sia fatto con parole dolci, non arroganti, che non feriscono... e anche i gesti dovrebbero essere delicati e amabili.
    A volte ci illudiamo che in una comunità, dove c'è lo stesso desiderio di santità, non ci siano discussioni o dissensi, siamo convinti che in questi ambienti ci sia il paradiso... Sbagliato!!! Infatti le relazioni tra persone diverse, non sono facili e neanche scontate. Non essere d'accordo e discutere è anche normale... l'importante è non far scoppiare la guerra, ma arrivare alla fine a scoprire la volontà di Dio e ciò che gli rende gloria. Solo così le discussioni lasceranno nel cuore un senso di gioia e di pace.
    Tutti infatti, siamo dei pezzetti di un puzzle... ognuno è diverso... ognuno ha una luce... ognuno ha un dono. Un solo tassello non potrebbe mai completare il puzzle. La bellezza di essere fratelli sta nella capacità di aprire il nostro cuore agli altri e tenere conto di ogni loro pensiero, ogni loro testimonianza e ogni loro consiglio saggio; cercando sempre ciò che unisce e non ciò che divide; ciò che unisce poi, lo conosciamo molto bene: è Gesù... Lui infatti non solo ci unisce, ma ci accompagna e ci guida lungo il cammino.
    Questo per farci capire che, quando dobbiamo prendere una decisione importante, quando non ci è chiara la volontà di Dio, dobbiamo saperci confrontare con altri fratelli di fede, perché se ci ostiniamo a voler fare da soli, prenderemo inevitabilmente delle belle e dure cantonate. Evitiamo allora la superbia... perché chi è convinto di riuscire a cavarsela da solo in questa valle di lacrime, chi è convinto di sapere tutto di Dio, ha sbagliato in partenza!!! Sant’Agostino di Dio dice: “Se credi di capirci qualche cosa, non è Dio.”
    A questo punto pensiamo: le decisioni importanti vanno prese in due o più..., da soli infatti non siamo capaci, non perché siamo stupidi, ma perché una stanza non si può illuminare solo con la luce di una candela... per vedere ogni particolare c'è bisogno di tante candele, e anche perché la carità per circolare ha bisogno di almeno due persone.
    L'importante è essere sinceri con la persona che abbiamo di fronte... dobbiamo parlare dei nostri tormenti senza mentire, anche se a volte certe cose non ci edificano... ma è l'unico modo per scoprire insieme la volontà di Dio. Evitiamo allora la superbia che ci fa dire: "Ma cosa vuoi che ne sappia quello?"... Quando pensiamo questo forse abbiamo paura che nostro fratello veda meglio di noi... o non sopportiamo che qualcuno sia migliore di noi... o vogliamo essere sempre noi i protagonisti... Preghiamo il buon Dio di rafforzare la nostra fede, preghiamolo di aiutarci a rispettare i fratelli per non imporre loro le nostre idee, il nostro modo di pregare, le nostre abitudini... Dio ci ha sempre detto che dobbiamo servire e non essere padroni dei nostri fratelli.
    Spesso invece non facciamo altro che criticare chi cammina accanto a noi: "Se hai fede in Gesù devi fare questo... devi pregare così, devi comportarti così, devi recitare l'Ufficio ogni mattina, devi... devi... devi...", sembra che lo spettacolo del tramonto del sole si veda solo dalla nostra finestra!!!
    Dio chiama ognuno di noi in maniera diversa, per ognuno poi ha un disegno ben preciso... Se Dio ha dato a qualcuno una luce particolare dobbiamo solo ringrazialo; dobbiamo poi accogliere con carità il fratello che, non avendo ricevuto un dono altrettanto grande, non si comporta in maniera troppo brillante...
    È vero anche che la comunione con i fratelli è molto spesso faticosa, ma se rimaniamo attaccati alla Vite, potremo sperimentare già su questa terra un po' della gioia piena che ci attende in Cielo. Chiediamo allora al buon Dio di aiutarci ad imitare lo stile di accoglienza e di ascolto dei primi cristiani, per camminare verso di Lui con un "cuore solo e un'anima sola", senza discriminare i fratelli che vivono secondo una spiritualità diversa.
    Chiediamogli anche il dono della pazienza... perché, come diceva padre Dominique Molinié parlando degli alcolisti anonimi: “L’amore costa caro, bisogna aspettare degli anni prima che un fratello risponda al loro appello. Tendono la mano, tendono il loro cuore, e gli altri non rispondono. «Non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato»”.

    4) Lettura: dal Vangelo di Giovanni 15, 9 - 11

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
    Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».


    5) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) sul Vangelo di Giovanni 15, 9 - 11

    Il Vangelo presenta in modo molto realistico le difficoltà dei testimoni della fede: per questo lo si legge nella festa di sant'Atanasio, quattro volte esiliato, costretto a fuggire e a nascondersi proprio per la sua fede nella divinità di Gesù. Gesù Figlio di Dio non è al nostro livello, ci è infinitamente superiore, in un modo che possiamo appena intravedere nel racconto della trasfigurazione, e accettare nella fede. Ma nella storia della Chiesa sorgono ogni tanto uomini che vogliono ridurre Gesù alla misura umana, alla nostra statura di creature. Così è accaduto ai tempi di sant'Atanasio, con l'eresia di Ario, affermante che Gesù era semplicemente un uomo, grande, santo, adottato da Dio, ma non Figlio di Dio. E molti, anche vescovi, anche imperatori, accettavano questa teoria, perché è più facile, non esige l'adesione ad un mistero ineffabile, incomprensibile.
    Atanasio difese questa verità di fede: è un mistero da cui dipende la nostra salvezza, perché se Gesù non è Figlio di Dio, noi non siamo né redenti né salvati, essendo la salvezza opera di Dio. Certo è una esistenza travagliata, una condizione penosa quella del fedele, e in più senza nessuna evidenza di vittoria. È difficile credere che Gesù abbia vinto il mondo quando si subiscono persecuzioni. Ma la vittoria non ci può essere senza lotta, senza essere passati attraverso la passione del Signore. Crediamo nel mistero "totale" di Gesù: il mistero di una morte sfociata nella risurrezione. Un cristiano non può meravigliarsi troppo di essere, come Gesù, perseguitato, perché solo a queste condizioni si giunge alla vittoria della fede.
    Che cosa significa "vittoria della fede"? Significa continuare a credere, nelle tribolazioni, che Dio ci ama e ci prova per un maggiore bene.

    «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». (Gv 15, 9-11) - Come vivere questa Parola?
    La pagina evangelica odierna è la continuazione di quella della "vite vera e dei tralci" che abbiamo meditato ieri e ne è anche il completamento, sempre nel contesto di fondo dei ‘discorsi di Addio'. Come le due tavole di un dittico, le due parti si illuminano a vicenda. Nella prima tavola, come abbiamo visto, predomina il linguaggio delle similitudini (la vite e i tralci), che conferisce plasticità alla tematica del "rimanere" e del "portare frutto". Nella seconda, invece, questi temi sono arricchiti da altri sviluppi non meno incisivi e singolari, come quello dei "comandamenti" e della "gioia".
    Alla luce di tutto il contesto, possiamo dire che un'altra ‘parola' importante che Gesù lascia in eredità ai suoi discepoli di ogni tempo, e quindi anche a ciascuno di noi, è quella dell'Amore. E come è possibile vivere questo amore e obbedire ai comandamenti di Gesù? Il brano evangelico odierno sembra voler rispondere a tale interrogativo e così traccia un percorso, in cui indicativo e imperativo si compenetrano in modo inestricabile. Il primo indicativo costituisce l'origine e la base fondamentale di tutta la vita cristiana: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi». Questo amore si erge come una vetta e ci raggiunge senza nostro merito ed è più grande del nostro cuore. Ci avvolge, dilaga e ci sommerge, senza però forzare mai il nostro consenso. Come il Padre e il Figlio sono venuti a porre in noi la loro dimora (Gv 14,23), noi, a nostra volta possiamo porre la nostra in loro e abitare nel loro amore. È la mutua inabitazione della Trinità in noi e di noi in essa. Questo amore viene da lontano: non solamente da Gesù, di cui conosciamo il volto e la voce, ma, attraverso Gesù, dal Padre. Ecco quale amore abbiamo ricevuto in dono: l'amore stesso di Dio, che è vita eterna.
    Gesù ci esorta a «rimanere nel suo amore». Questo è reso possibile dall'osservanza dei suoi comandamenti, grazie ai quali la linfa dall'amore divino circola dalla vite ai tralci.
    Una novità inaspettata appare qui al termine del brano evangelico: il motivo della gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Queste parole riecheggeranno nella prima Lettera di Giovanni: «Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena». Tutto questo può apparire strano e paradossale! Mentre per il mondo la gioia viene cercata "fuori", nell'evasione e nel divertimento, nel Vangelo invece essa è connessa con i comandamenti di Gesù: "dentro", quindi, e non fuori della vita del cristiano. La sequela di Cristo, per quanto difficile possa essere, non può ignorare la gioia!
    Riceve Signore il mio cuore, fa il esso una dimora di amore e gioia, dove tutti possano trovare Te.
    Ecco la voce dell'Ipponense S. Agostino (De catechizandis rudibus IV, 8.): «Cristo è venuto innanzi tutto per far conoscere all'uomo quanto Dio lo ami e per fargli sapere che egli deve ardere di amore per Lui che lo ha amato per primo, e amare il prossimo per ordine e sull'esempio di Lui che si è fatto prossimo dell'uomo amandolo».

    Oggi in pochi versetti, Gesù riassume tutta la sua opera e la nostra fede: credere è dimorare nell’amore con cui siamo stati amati e concretizzare la reciprocità di questo amore nell’osservanza dei comandamenti.
    «Rimanere in me» è l’invito forte fatto ai suoi, come via per restare nella cura del Padre e portare frutto nella propria vita.
    In questi versetti viene rimodulato il rapporto Padre-Figlio nei termini di una relazione d’amore. È il cuore del racconto giovanneo: facendo di Gesù l’oggetto del suo amore, Dio rivela al mondo il suo vero volto, quello della sollecitudine e della generosità.
    Il «come» che concatena ciò che il Padre ha fatto per il Figlio, con ciò che il Figlio ha fatto per i discepoli, dimostra che in Gesù si manifesta storicamente l’amore divino.
    Percepire l’amore di Dio e ricambiarlo produce in noi una gioia intima e profonda, ben lontana dall’emozione momentanea cui siamo abituati.
    Dimorare nell’amore: darci l’opportunità di percepire questo amore, nella meditazione, nella preghiera, nella lettura profonda e spirituale degli eventi.
    E vivere di conseguenza: i nostri gesti e le nostre scelte scaturiscono dall’amore che abbiamo incontrato.
    Rimanere nell’amore è vivere sotto la luce della parola di Dio, lasciarsi guidare dallo Spirito che ci rasserena.
    “Rimanere” è l’opposto di andare senza meta, facendosi trasportare dal vento delle nostre passioni e dalla superficialità dei nostri gusti.
    Solo così, rimanendo fermi nel cuore di Dio, il suo amore diventa l’aria che respiriamo, il sostegno della nostra vita.
    Come il Padre e il Figlio sono venuti a porre in noi la loro dimora (Gv 14,23), noi, a nostra volta possiamo porre la nostra in Loro e abitare nel Loro Amore.

    6) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione

    - Per il Papa, perché sappia discernere i segni dei tempi e la presenza operante dello Spirito e li indichi con autorevolezza a tutti i cristiani. Preghiamo?
    - Per tutti coloro che cercano Dio, invocando il suo nome, perché sappiamo scoprire il volto di Cristo rivelatore del Padre. Preghiamo?
    - Per ogni uomo che vive le varie esperienze dell'amore umano nella famiglia, nell'amicizia e nella solidarietà, perché sappia comprendere il valore profondo della carità cristiana. Preghiamo?
    - Per le autorità religiose e politiche dei popoli, perché rispettino i diritti di libertà dei loro cittadini e non si lascino vincere da discriminazioni o favoritismi. Preghiamo?
    - Per noi che siamo stati generati nel battesimo dall'amore del Padre, perché come discepoli di Cristo imitiamo la sua osservanza della volontà divina, per godere della sua gioia piena. Preghiamo?
    - Per chi ha difficoltà ad accettare l'insegnamento del Magistero della Chiesa. Preghiamo?
    - Per chi non tiene conto dei comandamenti del Signore. Preghiamo?



    7) Preghiera: Salmo 95
    Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.


    Cantate al Signore un canto nuovo,
    cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
    Cantate al Signore, benedite il suo nome.

    Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
    In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
    a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

    Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
    È stabile il mondo, non potrà vacillare!
    Egli giudica i popoli con rettitudine.
     
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Venerdì della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    San Filippo e Giacomo
    Lectio: 1 Lettera ai Corinzi 15, 1 - 8
    Giovanni 14, 6 - 14


    1) Preghiera

    O Dio, che ogni anno ci rallegri con la festa degli apostoli Filippo e Giacomo, per le loro preghiere concedi a noi di partecipare al mistero della morte e risurrezione del tuo Figlio unigenito, per giungere alla visione eterna del tuo volto.

    2) Lettura: 1 Lettera ai Corinzi 15, 1 - 8

    Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me.

    3) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Edoardo Bianchini in www.preg.audio.org) su 1 Lettera ai Corinzi 15, 1 - 8

    Se la Chiesa del tempo fosse stata una società, san Paolo, nel giro di due settimane, da perfetto sconosciuto, ne sarebbe diventato il CEO (l’amministratore delegato). Ma egli conosce bene la sua storia. E in questo brano noi comprendiamo come la sua storia sia il paradigma di ogni persona che riceve l’annuncio della Storia della salvezza. In quattro pennellate Paolo dipinge la radice, il nocciolo, il contenuto dell’annuncio cristiano: la storia di come Gesù ha salvato il mondo. Prima nel suo contenuto (vv. 3-7), e poi nella propria esperienza di salvato. Egli comprende che il suo passaggio da aborto ad apostolo passa attraverso tutta la stessa storia di fede, che egli annuncia nuovamente ad ogni membro della comunità di Corinto. Questo rende irremovibile anche la sua certezza che se il vangelo da lui annunciato rimane nella sua integrità, allora i “corinzi” si potranno salvare. È granitica questa sua certezza, come è granitica la sua fede. San Paolo non racconta di sé di avere fatto cose mirabolanti per arrivarvi. Il suo essere un tempo un aborto, la sua indegnità ad essere chiamato apostolo a causa delle sue persecuzioni, non sono state sorpassate, abbattute, dimenticate per un suo atto di forza. Egli lo dice chiaro e tondo: non ha faticato lui, ma la Grazia di Dio per lui. Troppo spesso noi pensiamo che i nostri fioretti, le nostre carità, le nostre privazioni siano una sorta di scorciatoia per sentirci cristiani “a posto”. Poi ci scontriamo inevitabilmente con mille scogli (qui a Riccione siamo al mare, ci capiamo...), difficoltà, stanchezze e non riusciamo a tenervi fede. Nel peggiore dei casi si va in crisi. Ci troviamo a sentirci degli “aborti della fede” e ci stiamo male. In quel mentre il tentatore arriva, per dirci: «non ne vale la pena, lascia stare, stai bene lo stesso, sei fatto così, Dio ti vuole bene lo stesso». E ha gioco facile. Certo, Dio ti vuole bene lo stesso. Anzi, Egli ti ama a prescindere. Ma forse è rattristato solo perché hai voluto fare da solo, di testa tua, per dimostrare chissà cosa a chissà chi, mentre Lui, proprio per te, ha abbracciato quella croce. Così “predica san Paolo”; così egli crede. Anche noi ogni domenica recitiamo il Credo, ma professiamo una sorta di fede che è altra, che non scalda. Invece dovremmo, proprio con quelle parole, professare il nostro credo in Gesù che ha patito, è morto, è risorto per farci esattamente come Lui. E lo ha fatto senza chiederci nulla! Don Oreste Benzi lo diceva sempre: «il cristianesimo è un grande sconto!».

    Paolo si avvale dell’autorità della Parola di Dio. Non essendo stato ancora canonizzato il Nuovo Testamento, Paolo fa riferimento a quello che noi chiamiamo Vecchio Testamento. Esso profetizza ogni passo saliente della vita e del ministero di Gesù. Quindi non soltanto la sua nascita, ma anche il suo scopo, la sua morte e la sua resurrezione.
    Il secondo argomento di Paolo sono le tante persone che hanno visto Cristo resuscitato. Quindi non soltanto Pietro, e i dodici discepoli. Ma anche cinquecento persone in una sola volta, e poi altri discepoli di Cristo. Molte di queste persone erano ancora in vita, e avrebbero potuto confermare quello che Paolo stava ora ricordando ai corinzi. Costringere centinaia di persone a mentire su una cosa del genere, col serio rischio di subirne conseguenze e persecuzione, sarebbe stato impossibile se non fosse veramente successo e non avesse veramente toccato profondamente questi testimoni oculari della risurrezione.

    4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 14, 6 - 14

    In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».


    5) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio – Padre Lino Pedron) sul Vangelo secondo Giovanni 14, 6 - 14

    L’annuncio della partenza di Gesù dato durante l’ultima cena (Gv 13,33) provoca la domanda di Pietro: “Signore dove vai?” (Gv 13,36). Dopo aver annunciato il rinnegamento di Pietro, Gesù consola gli apostoli dicendo loro che va a preparare un posto per loro e aggiunge: “Per andare dove vado io, voi conoscete la strada” (Gv 14,4). Queste parole di Gesù hanno un duplice scopo nella mente dell’evangelista. Riportano in primo luogo all’insegnamento di Gesù, e in particolare al comandamento nuovo (Gv 13,34-35) indicando quale sia il cammino da seguire. Ma servono anche a motivare le domande di Tommaso, che provocherà una delle più belle dichiarazioni del Vangelo. In effetti Tommaso chiede: “Signore, noi non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Gesù gli risponde: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,5-6). La risposta di Gesù ci rivela ancora una volta e con profondità il mistero della sua persona. Gesù Cristo, il Verbo incarnato, è la via verso il Padre. Una via unica ed esclusiva (“Nessuno va verso il Padre se non per mezzo di me”). Una via personale. Una via che si identifica con lo scopo perché egli è la verità e la vita (san Tommaso d’Aquino).
    La dichiarazione di Gesù prosegue: “Se conoscete me, conoscerete anche il Padre” (Gv 14,7). Conoscere Gesù significa conoscere il Padre, Dio amore. Gli apostoli conoscono già il Padre e in qualche modo lo hanno visto nel Figlio, nel suo dono di amore. La domanda di Filippo e la riposta di Gesù (Gv 14,8-10) indicano unità tra il Padre e il Figlio, così stretta che sono parole e opere di salvezza, di amore, di dono di vita. L’opera di Gesù rappresenta la prova migliore di questa unità.
    Nei tre versetti seguenti, Gesù fa due magnifiche promesse. In primo luogo promette al credente che compirà opere più grandi ancora delle sue (Gv 14,12) e poi promette di ascoltare sempre la preghiera di colui che la rivolgerà al Padre nel suo nome (Gv 14,13-14).

    Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? (Gv 14, 8-9) - Come vivere questa Parola?
    "Mostraci il Padre". Il desiderio di Filippo è il nostro anelito più profondo: "«Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto". Il tuo volto Signore io cerco"» (Sl 26). Non abbiamo altro bisogno che vedere il Padre: mostracelo Gesù, perché solo in Lui riconosciamo noi stessi!

    Ma Gesù ci dice: "Chi ha visto me, ha visto il Padre"!
    Il volto dell'uomo Gesù, è "il Volto". Il Vangelo ci manifesta Gesù Volto del Padre: questa è la rivelazione cristiana! L'uomo Gesù però, per non avere alibi, ci ha suggerito un'altra apertura per superare se stessi ed incontrare il volto di Dio, non in alternativa, ma in continuità: il volto del fratello: Nel volto del fratello siamo chiamati a riconoscere il Volto di Gesù nel quale risplende il Volto del Padre! Che Gesù non dica anche a noi come a Filippo: "Da tanto tempo sono con te e tu non mi hai conosciuto?".
    Donaci di uscire da noi Signore per poterti riconoscere nei fratelli che vivono con noi e guardando quei volti, vedere brillare nei loro occhi la luce di Dio.
    Ecco la voce di Papa Francesco (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2715). (Dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXX Giornata Mondiale della Gioventù 2015)
    “Sì, cari giovani, il Signore vuole incontrarci, lasciarsi "vedere" da noi. "E come?" - mi potrete domandare. Anche santa Teresa d'Avila, nata in Spagna proprio 500 anni fa, già da piccola diceva ai suoi genitori: «Voglio vedere Dio». Poi ha scoperto la via della preghiera come «un intimo rapporto di amicizia con Colui dal quale ci sentiamo amati» (Libro della vita, 8, 5). Per questo vi domando: voi pregate? Sapete che potete parlare con Gesù, con il Padre, con lo Spirito Santo, come si parla con un amico? E non un amico qualsiasi, ma il vostro migliore e più fidato amico! Provate a farlo, con semplicità. Scoprirete quello che un contadino di Ars diceva al santo Curato del suo paese: quando sono in preghiera davanti al Tabernacolo, «io lo guardo e lui mi guarda»”

    Dal tema del viaggio verso la casa del Padre, Gesù con naturalezza passa a parlare della via. Per giungere al Padre bisogna passare per il Figlio.
    Tommaso desidera concretezza e chiarezza nei discorsi. Egli aveva capito che Gesù parlava di una via nel senso materiale di strada, mentre Gesù sta parlando della via come mezzo per giungere a Dio, come strumento per mettersi in contatto personale con il Padre. Per questa ragione, nella sua replica all'apostolo, Gesù proclama di essere la via per andare verso Dio.
    Gesù proclama di essere il mediatore per mettersi in contatto personale con il Padre. Nessuno può arrivare a Dio con le proprie forze né può servirsi di altri mediatori. Le parole di Gesù escludono qualsiasi altra mediazione all'infuori della sua (v. 6).
    Come nessuno può andare verso il Cristo se non gli è concesso dal Padre (Gv 6,65), così nessuno può giungere al Padre senza la mediazione di Gesù.
    Gesù proclama anche di essere la verità e la vita. Egli si identifica con la verità, cioè si proclama la rivelazione personificata di Dio.
    Le tre parole via, verità e vita sono applicate al Cristo per indicare le sue tre funzioni specifiche di mediatore, rivelatore e salvatore. Gesù è l'unica persona che mette in rapporto con il Padre, che manifesta in modo perfetto la vita e l'amore di Dio per l'umanità e comunica al mondo la salvezza che è la vita di Dio.
    Solo Gesù può condurre l'uomo a Dio, perché egli solo vive nel Padre e il Padre vive in lui. Perciò chi conosce Gesù conosce anche il Padre e chi vede Gesù vede anche il Padre.
    L'intervento di Filippo riecheggia la domanda di Mosè rivolta al Signore: "Mostrami la tua gloria" (Es 33,18). Gesù gli risponde che egli vive nel Padre (vv. 9-10). L'apostolo avrebbe dovuto sapere che Gesù è una sola cosa con il Padre (Gv 8,24.28.58; 10,30.38; 13,13). Di conseguenza, vedendo Gesù si vede il Padre (v. 9).
    Data questa mutua immanenza del Padre e del Figlio, le parole dette da Gesù in realtà sono pronunciate dal Padre che dimora in lui e le opere da lui compiute sono fatte dal Padre (v. 10).
    L'immanenza del Padre nel Figlio può essere accettata solo per fede, per questo Gesù esorta i discepoli a credere in questa verità, se non altro a motivo delle opere straordinarie da lui compiute.
    Gesù spesso invita alla fede pura, basata solo sulla sua parola (Gv 4,21.48; 6,29), per cui proclama beato chi crede senza aver visto (20,29). Egli tuttavia fa appello anche alla prova divina delle opere meravigliose e straordinarie compiute nel nome di Dio, per autenticare la sua missione divina, invitando i suoi ascoltatori a credere almeno per questa ragione (Gv 5,36; 10,25.37-38; 11,15). Per questo motivo il peccato d'incredulità dei giudei è senza scuse (Gv 15,24).
    Nel v. 12 Gesù usa l'espressione solenne: "In verità, in verità vi dico" per richiamare l'attenzione sull'importanza dell'argomento trattato. Egli assicura ai suoi amici che, se crederanno nella sua persona divina, potranno compiere opere meravigliose e segni straordinari. La motivazione di questa possibilità di compiere opere eccezionali sta nel fatto che Gesù ritorna al Padre, presso il quale esaudirà le richieste dei discepoli (v. 13).
    Affinché la preghiera sia esaudita, dev'essere fatta nel nome di Gesù, cioè dev'essere rivolta a Dio per mezzo di Gesù, mossi dalla fede nella mediazione del Figlio di Dio. Gesù non lascia senza risposta le preghiere dei suoi amici (v. 14).

    6) Per un confronto personale

    - Hai posto nei vescovi l'eredità degli apostoli; Fa' che la loro dottrina ci illumini e il loro amore ci sostenga. Preghiamo?
    - Tu, o Signore, hai scelto gli apostoli perché portassero a tutti il vangelo della tua morte e risurrezione; aiutaci a restare sempre saldi in questa fede e a testimoniare con le opere. Preghiamo?
    - Tu hai dichiarato beati i puri di cuore; allontana da noi ogni doppiezza e inganno, e rendici veri e trasparenti. Preghiamo?
    - Molti popoli non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano; suscita numerosi apostoli che, spinti da amore e da zelo, portino a tutti gli uomini la salvezza del Cristo. Preghiamo?
    - Per mezzo dei successori degli apostoli, hai fatto arrivare fino a noi il tuo vangelo; Fa' che la nostra comunità sia sempre fedele alla tradizione apostolica e docile al magistero della Chiesa. Preghiamo?
    - Per i catechisti della nostra parrocchia. Preghiamo?
    - Per le Chiese cristiane. Preghiamo?



    7) Preghiera finale: Salmo 18
    Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.


    I cieli narrano la gloria di Dio,
    l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
    Il giorno al giorno ne affida il racconto
    e la notte alla notte ne trasmette notizia.

    Senza linguaggio, senza parole,
    senza che si oda la loro voce,
    per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
    e ai confini del mondo il loro messaggio.
     
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Roberto Mezzana

    Group
    Administrator
    Posts
    14,087

    Status
    Offline
    Sabato della quinta settimana di Pasqua (Anno B)
    Lectio: Atti degli Apostoli 16, 1 - 10
    Giovanni 15, 18 - 21


    1) Preghiera

    Dio onnipotente ed eterno, che nella rigenerazione battesimale ci hai comunicato la tua stessa vita,
    concedi a coloro che hai reso giusti con la tua grazia, disponendoli alla vita immortale, di giungere da te guidati alla pienezza della gloria.

    2) Lettura: Atti degli Apostoli 16, 1 - 10

    In quei giorni, Paolo si recò a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco.
    Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galàzia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade.
    Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedònia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedònia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.


    3) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) su Atti degli Apostoli 16, 1 - 10

    "In quei giorni, Paolo si recò a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galàzia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedònia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedònia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo."
    (At 16,1-10) - Come vivere questa Parola?
    In questo brano degli Atti degli Apostoli è interessante cogliere ciò che si muove in maniera vitale nella Chiesa primitiva.
    Paolo, l'Apostolo delle genti, incontra Timoteo in uno di questi spostamenti apostolici. Ecco, questo giovane uomo è figlio di una donna giudea credente e di Padre greco. Notiamo dunque che l'estrazione socioculturale non ha niente a che fare con realtà particolarmente legata a un giudaismo assoluto. Però Paolo è talmente sicuro di muoversi secondo i dettami del Signore, che non esita a far circoncidere Timoteo per contentare i giudei; nello stesso tempo prende Timoteo con sé e lo fa collaboratore di un'azione evangelizzatrice per fortificare nella fede quelli che già credevano e andare là dove è lo Spirito di Gesù che li guida.
    Signore, grazie perché il primo gruppetto dei cristiani è stato forte nella fede. Grazie per Paolo e Timoteo: per la loro collaborazione fraterna sincera animata dal Vangelo. Come la Chiesa primitiva fiorì di nuovi credenti a causa di questa solidarietà apostolica così fa' che anche la Chiesa di oggi: (io tu lui noi che siamo Chiesa), viviamo quello che Gesù ha insegnato, sempre più testimoni credibile che attirano sulla strada del Signore tanti fratelli disorientati nelle tenebre di un indifferentismo prossimo all'ateismo.
    Ecco la voce di un anonimo del XX secolo: Gesù e i suoi primi seguaci hanno proclamato e testimoniato il Vangelo con la loro vita. Fa' che siano molti i veri credenti che danno un volto nuovo, dunque veramente cristiano alla storia.

    "Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un macedone e lo supplicava: - Passa in Macedonia e aiutaci " (Atti 16, 9) - Come vivere questa Parola?
    Interessante è seguire l'itinerario di san Paolo nel suo andar evangelizzando alcune cittadine dell'Asia Minore: un viaggio che è all'insegna di una guida sicura: quella dello Spirito Santo.
    L'Apostolo non era più accompagnato da Barnaba, ma da Timoteo; a lui più tardi scriverà lettere utili anche oggi per capire non solo la dottrina ma anche il cuore di Paolo.
    Qui lo conosciamo tutto dedito alla missione dell'evangelizzare.
    Notevole il fatto che perfino di notte viene istruito al riguardo. Tanto è vero che gli appare un macedone che lo supplica di passare anche in Macedonia, nell'intento di aiutare con il suo annuncio della novità di Cristo.
    Subito, attenti e del tutto aperti al volere di Dio, Paolo e Timoteo partono alla volta di questa regione della penisola balcanica, situata nell'Europa sud-orientale. Era, a quei tempi, una regione significativa e potente. Non a caso, dunque, lo Spirito di Dio orienta Paolo verso quei luoghi dove la LUCE DI CRISTO non era ancora giunta.
    Noi non abbiamo visioni, ma la forza del Vangelo. È dal Vangelo stesso, voce tua, o Signore, che siamo chiamati a dire: - Mostraci dove e come muoverci nell'ambiente dove viviamo-.
    Aiutami, dunque, Signore, perché io possa essere un vero cristiano testimoniante il tuo amore: piena luce di Verità e continua novità di un amore vissuto e sempre donato.
    Ecco la voce di un santo S. Ignazio di Lodola: Fai come se tutto dipendesse da te, sapendo che tutto dipende da Dio.

    4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 15, 18 - 21

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

    5) Riflessione (www.lachiesa.it - www.qumran2.net - Casa di Preghiera San Biagio) sul Vangelo secondo Giovanni 15, 18 - 21

    Una fede da proteggere e diffondere con la spada è ben debole. La storia è del resto consapevole del paradosso che fa sì che la fede cristiana diventi più forte quando è perseguitata. Il sangue dei martiri, scriveva Tertulliano, è seme di cristiani. Ai giorni nostri, il termine “martire” è usato per definire chiunque soffra e muoia per una “causa”, che può essere l’idea di nazione, la rivoluzione sociale, persino la “guerra santa” caldeggiata dai fanatici. Ma simili martiri sono causa di sofferenze maggiori di quelle inflitte a loro stessi. Il vero martire (dal greco, che significa testimone) soffre semplicemente perché è cristiano: testimone di Cristo.
    Il nostro secolo è stato davvero il secolo del martirio, con innumerevoli martiri, come i cristiani armeni in Turchia, i cattolici in Messico, nella Germania nazista, nell’ex Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est, in Cina, in Corea, in Vietnam, in Sudan... L’elenco potrebbe continuare. E, per restare vicino a noi, molti sono coloro che affrontano un martirio “bianco”, cioè senza spargimento di sangue, tentando semplicemente di vivere la fede in un mondo sempre più ateo o predicando le esigenze integrali dell’insegnamento della Chiesa nel campo della morale, avendo per fondamento la rivelazione di Cristo. Non dobbiamo essere sorpresi, ma piuttosto rallegrarci ed essere felici: è questo che egli ci ha promesso.

    «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato». (Gv 15, 18-21) - Come vivere questa Parola?
    Ritorniamo alla tematica della lectio continua del IV Evangelo di questa V settimana di Pasqua, nella quale - come già sappiamo - Giovanni indugia sui "discorsi di Addio". Si noterà però che ora c'è un brusco inizio e un cambio di scena che presuppongono qualcosa di non detto: lo smarrimento di una comunità che confessa Cristo ed è in stato di persecuzione. Ora, quanto il Maestro dichiara ai suoi discepoli vale per ogni comunità cristiana messa alla prova a causa della sua fede, e quindi vale anche per noi e per le nostre comunità di oggi. Una "parola" preziosa e assai impegnativa che Gesù lascia in eredità anche noi cristiani del terzo millennio e da non dimenticare, è la seguente: persecuzione. «Ricordatevi della parola che vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Gesù avverte i discepoli che saranno odiati e perseguitati e nel contempo li assicura che l'odio del "mondo" e la persecuzione sono l'ambiente in cui si manifesterà la testimonianza dello Spirito e insieme anche la loro. È noto che il termine mondo assume nell'Evangelo di Giovanni varie accezioni, qui ha una valenza negativa: esso rappresenta la somma delle forze ostili, che si oppongono allo svolgimento del disegno di salvezza di Dio, incentrato in Cristo. È questo il mondo che odia i discepoli.
    Gesù fa però anche un passo ulteriore significativo. Egli non si limita a predire l'odio del mondo, ma lo spiega e ne smaschera le radici nascoste. E tutto questo perché il discepolo ‘sappia' e non abbia a scandalizzarsi e a scoraggiarsi poi, quando tutto ciò accadrà. Insomma, la persecuzione fa parte della storia della salvezza: è la via della croce che continua. Il mondo ha odiato il Cristo e continua a odiarlo nei suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me». La ragione profonda per cui il mondo odia i discepoli sta nella diversità di origine: i discepoli non sono dal mondo, pur essendo nel mondo, ma non vi appartengono. Inteso così, l'odio del mondo non è più una ragione di scandalo, ma anzi un segno chiaro e inconfondibile di appartenenza al Cristo.
    La persecuzione è stata un'esperienza che ha accompagnato tutta la Chiesa primitiva sollecitando una serie profonda di riflessioni teologiche e spirituali, a cominciare da un antico testo della metà del II secolo, di cui vengono riportate alcune splendide affermazioni qui di seguito.
    Ecco la voce del cristianesimo primitivo (dallo scritto "A Diogneto", capitoli 5, 9-14 e 17; 6, 3.): «(I cristiani) passano la loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro tenore di vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti sono perseguitati. Non sono conosciuti e sono condannati; si dà loro morte, ed essi ne ricevono vita.... I Giudei fanno loro guerra come razza straniera e gli Elleni li perseguitano; ma coloro che li odiano non sanno dire il motivo del loro odio. [...] L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo: anche i cristiani abitano nel mondo, ma non provengono dal mondo».

    «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi;». (Gv 15,20) - Come vivere questa Parola?
    Gesù avverte i suoi discepoli che saranno perseguitati, così come lo è stato Lui stesso. La persecuzione sembra essere quasi una caratteristica della Chiesa e di ogni cristiano: chi non accetta il messaggio di Gesù viene emarginato, deriso, talvolta anche ucciso. È la via della croce che si perpetua nella storia. Se Gesù è stato perseguitato, lo saranno anche i suoi discepoli. Egli per eccellenza è il "martire" (parola greca che significa "testimone) e i suoi discepoli continuano questa testimonianza che può arrivare fino all'effusione del sangue. In questi tempi moderni non si è fermato il numero dei martiri che in tanti paesi del mondo devono affrontare difficoltà e sofferenze per testimoniare la loro fede. Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, diceva Tertulliano verso la fine del II secolo dopo Cristo (Apologeticum 50,3).
    Pur senza arrivare alla morte, molti sono i cristiani anche oggi, che, volendo vivere il messaggio evangelico in modo coerente, sono emarginati e discriminati dagli altri e spesso sono ostacolati in vari modi. I nemici dei cristiani non vogliono che il messaggio di salvezza apportato da Cristo si diffonda nel mondo: per questo vogliono eliminare quanti invece vogliono realizzare concretamente e in ogni circostanza il messaggio d'amore del Cristo.
    O Signore, rendimi vero testimone del tuo vangelo nel mondo a qualsiasi costo e in qualunque circostanza.
    Ecco la voce dagli scritti dei primi cristiani (A Diogneto 5,11-12 e 6,9-10): [I cristiani] Amano tutti, e da tutti sono perseguitati. Non sono conosciuti e sono condannati; si dà loro morte, ed essi ne ricevono vita. (...) Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

    6) Per un confronto personale

    - Sosteniamo con la forza del tuo Spirito gli uomini calpestati nei loro diritti e nella loro dignità?
    - Apriamo gli occhi a coloro che combattono la Chiesa e converti il loro cuore?
    - Suscitiamo nei nostri discepoli, oppressi dalla persecuzione, risposte di perdono e di amore?
    - Ravviviamo in tutti coloro che soffrono la speranza e la pazienza?
    - Rendiamo forti i nostri fratelli di fronte all'odio del mondo?
    - Abbiamo pietà di chi, schiacciato dalla cattiveria e dalla violenza, si è tolto la vita?
    - Rincuoriamo chi, per debolezza, ha tradito?
    - Mettiamo in guardia la nostra Chiesa dalle lodi e dalle blandizie del mondo?
    - Ricordaci sempre che la nostra sorte non può essere diversa dalla tua, innocente rifiutato e perseguitato: Preghiamo?



    7) Preghiera finale: Salmo 99
    Acclamate il Signore, voi tutti della terra.


    Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
    servite il Signore nella gioia,
    presentatevi a lui con esultanza.

    Riconoscete che solo il Signore è Dio:
    egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
    suo popolo e gregge del suo pascolo.

    Perché buono è il Signore,
    il suo amore è per sempre,
    la sua fedeltà di generazione in generazione.
     
    .
6 replies since 23/4/2024, 13:53   9 views
  Share  
.
Top