Vivere il Vangelo

Posts written by Rome71

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    Sabato 20 aprile 2024 – III Settimana di Pasqua – ANNO B

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».

    Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».

    Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

    Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».»

    Gv 6,60-69


    Come vivere questa Parola?

    Siamo alla fine del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. È il momento decisivo. Il pubblico di Gesù si trova di fronte a una scelta drastica: accettare Gesù o fare a meno di lui.

    «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» Queste parole sono inaccettabili, per loro e per noi. Vanno contro ogni logica. Vogliono portarci al di là di ciò che è ragionevole. Chiunque sia guidato dal buon senso sarà "scandalizzato". Quello che Gesù ci chiede è di uscire dall'ego e di donarci agli altri.

    «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla». Questo versetto è fondamentale per comprendere l'intero capitolo. Qui carne e spirito non si riferiscono a due realtà concrete e opposte, ma a due modi di affrontare l'esistenza umana. Solo un atteggiamento spirituale può dare un senso pieno alla vita umana. Vivere solo in base alle esigenze della carne porta a una limitazione radicale, tagliando così la vera meta dell'essere umano.

    In teoria è molto comprensibile e accettabile, ma in pratica chi di noi crede davvero che la carne sia inutile? Perché lottiamo, perché ci impegniamo, qual è la nostra vera preoccupazione?

    Dopo aver ripetutamente sottolineato che la sua carne doveva essere mangiata, ora ci dice che la carne non ha valore, che l'unica cosa che conta è lo spirito. Queste parole ci costringono a uno sforzo sovrumano per comprendere ciò che Gesù vuole dirci. Non si tratta di una contraddizione. Si tratta di scoprire che il valore della "carne" deriva dall'essere informata dallo spirito. Con lo spirito, la carne è tutto. Senza lo spirito, la carne non è nulla. Ancora una volta, il significato profondo dell'incarnazione di Giovanni è chiaro.


    Signore Gesù, aiutami a vivere pienamente la mia umanità, perché solo così posso amarti e seguirti.


    La voce di un teologo

    “Finché vedremo la vita come un "qualcosa" separato, saremo confusi. Quando riconosciamo di essere vita, tutto si illumina.”.

    (Enrique Martínez Lozano)



    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    Venerdì 19 aprile 2024 – III Settimana di Pasqua – ANNO B

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «I Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

    Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

    Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

    Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao».

    Gv 6,52-59


    Come vivere questa Parola?

    Ti ringraziamo, Padre Santo per Gesù, il tuo pane, il tuo vino attraverso il quale abbiamo conosciuto te, attraverso il quale sappiamo come vivere, attraverso il quale abbiamo speranza, attraverso il quale possiamo sentirci fratelli.



    Ti ringraziamo perché da molti anni che lo conosciamo, lo amiamo, lo seguiamo.

    Ti ringraziamo perché senza di Lui la nostra vita non sarebbe quella che è.

    Ti ringraziamo perché Lui è per noi luce per il cammino, nutrimento per il nostro lavoro, speranza per il futuro.



    Ti ringraziamo perché la potenza del tuo Spirito lo ha reso Pastore, Seme, Acqua, Fuoco, Vino, Pane.

    Ti ringraziamo perché la potenza del tuo Spirito lo ha reso povero, umile, coraggioso, compassionevole.



    Ti ringraziamo perché grazie a Lui la nostra vita terrena si trasforma e diventiamo Figli,

    lavoriamo nel tuo Regno e sappiamo sperare e perdonare.

    Ti ringraziamo, Padre per mezzo di Gesù, tuo Figlio, nostro Signore. Amen.



    (José Enrique Galarreta)

    La voce di un teologo

    “Spezzandosi e lasciandosi mangiare, Gesù rende presente Dio, perché Dio è un dono infinito, un dono totale a tutti e sempre. Questo è ciò che dovete essere. Se volete essere cristiani, dovete spezzarvi, condividervi, lasciarvi mangiare, schiacciare, assimilare, scomparire a beneficio degli altri”.

    (frai Marcos)


    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    Giovedì 18 aprile 2024 – III Settimana di Pasqua – ANNO B


    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    Disse Gesù alla folla:

    «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.

    Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

    Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.

    Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

    Gv 6,44-51


    Come vivere questa Parola?

    «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato... ". Saranno tutti discepoli di Dio. Anche Gesù è un discepolo, il migliore, per questo può essere allo stesso tempo un maestro. Andare da Gesù, andare dal Padre significa conoscerli, non razionalmente, ma in modo esperienziale. La fede è un atteggiamento vitale e non un assenso a verità teoriche. Solo chi ha fatto esperienza di Dio può capire ciò che un altro dice di Lui.

    «I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti». Gesù fa riferimento alla manna per chiarire la differenza. La manna nutre il corpo che deve morire. Gesù, come pane di vita, nutre lo spirito che non muore.

    L'espressione "pane della vita" non si trova in nessun altro luogo della Bibbia; ciò indica l'originalità della dottrina di Giovanni. La VITA, con la A maiuscola, è il tema fondamentale di tutto il Vangelo di Giovanni.

    “Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno". Questa frase riassume tutto quanto detto sopra. Gesù è il cibo della vera vita. Questo è il messaggio conciso e sublime della comunità di Giovanni. Dio è tutto per Gesù e deve rimanere tale per ogni cristiano.


    Signore Gesù, voglio nutrirmi di te, il pane della vita.


    La voce di un poema giapponese

    “Siediti in silenzio. Non fare nulla. Arriva la primavera e l'erba cresce da sé.”



    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    Mercoledì 17 aprile 2024 - III Settimana di Pasqua – ANNO B


    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    Disse Gesù alla folla:

    «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.

    Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

    E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

    Gv 6,35-40


    Come vivere questa Parola?

    «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete». Se c’è qualcosa che caratterizza la nostra vita umana, questa è certamente la precarietà. Ogni cosa in questa vita è destinata sempre a finire. Ciò che ci viene dall’esperienza di fede invece, non è segnata dalla precarietà, ma dalla definitività. La fame, la sete che l’uomo sperimenta, è fame e sete di amore, di senso, di verità, di libertà. Gesù è l’unico che può darci tutte queste cose in maniera definitiva, non in maniera provvisoria. La domanda vera è se noi crediamo a tutto questo. (Epicoco)

    Perché Gesù si paragona al pane? Perché il pane (che è un modo per riferirsi al cibo in generale) è indispensabile per vivere. Il rapporto che una persona ha con il cibo non è opzionale o incidentale. Anzi, il nostro rapporto con il pane - e con il cibo in generale - è caratterizzato dal fatto che dobbiamo necessariamente ricorrere ad esso. Non ci si può permettere di dire che si vivrà in questo mondo senza nutrirsi. Dipendiamo dal pane non come qualcosa a cui rinunciare, ma come base della nostra esistenza, della nostra vita.

    Gesù ci sta dicendo che Lui è la "causa" della vita, dove c'è Lui nasce la vita. E così come il cibo è necessario per la vita, Egli è necessario per noi. Dobbiamo cercare Gesù con la stessa motivazione con cui cerchiamo il cibo ogni giorno. Gesù deve essere una necessità vitale per noi!

    Signore Gesù, tu solo puoi soddisfare la mia vita, sempre bisognosa di te, che sei il Pane della Vita.

    La voce di Papa Francesco

    "In Gesù, nella sua "carne" - cioè nella sua umanità concreta - è presente tutto l'amore di Dio, che è lo Spirito Santo. Chi si lascia attrarre da questo amore va a Gesù, va nella fede, e riceve da lui la vita, la vita eterna". (Omelia di Papa Francesco, 9 agosto 2015).



    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    Martedì 16 aprile 2024 – III Settimana di Pasqua – ANNO B

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «La folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"».

    Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

    Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».

    Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».»

    Gv 6,30-35


    Come vivere questa Parola?

    In tutti i grandi discorsi che troviamo nel Vangelo di Giovanni, si fa riferimento alla Vita, con la lettera maiuscola. È una realtà che non possiamo spiegare con le parole, né racchiudere in concetti umani. Solo attraverso simboli e metafore possiamo indicare la strada di un'esperienza che è l'unica che ci porterà a scoprire ciò di cui si parla. L'"Io sono" in Giovanni è la manifestazione suprema della consapevolezza di ciò che Gesù era. Ognuno di noi deve scoprire ciò che è veramente, come lo ha scoperto Gesù.

    «...chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» Che cosa significa "andare a lui, credere in lui"? Qui sta il cuore del discorso. Non si tratta di ricevere qualcosa da Gesù, ma di scoprire che tutto ciò che lui aveva, io ce l'ho. Ciò che Gesù vuole dire è che gli esseri umani scoprono che è possibile vivere in una prospettiva diversa, che raggiungere la realizzazione umana significa scoprire ciò che Dio è in ognuno di noi, e una volta scoperto questo dono totale (la Vita), rispondiamo come ha risposto Gesù.

    Ciò che Gesù propone è contro ogni logica razionale. Ci sta dicendo che il pane che dà la vita non è il pane che si riceve e si mangia, ma il pane che si dà. Se diventiamo pane come lui, allora quel dare diventerà Vita. Gesù non ci invita a cercare la nostra perfezione, ma a sviluppare la capacità di donarci.



    Aiutaci, Signore, a vivere come tu vuoi che viviamo, in pienezza.


    La voce di uno scrittore e filosofo

    "Se sapessi chi sono in realtà, smetterei di comportarmi come quello che credo di essere; e se smettessi di comportarmi come quello che credo di essere, saprei chi sono." (Aldous Huxley)


    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    Vivere è bello, vivere senza amore è una tortura, una di quella privazioni per cui si può desiderare di morire. Azzurra non ha disprezzato la propria vita, l’ha amata nella sua verità più radicale che si esprime massimamente nella possibilità di donarla, nel movimento naturale che ci spinge liberamente a sacrificarci per l’altro. La sua storia è eccezionale perché drammatico ed eroico è il modo in cui è stata chiamata a farlo, e la sua risposta è stata un sì pieno. Eppure, se ci osserviamo con onestà, lo riconosciamo in azione nella trama apparentemente dimessa del nostro quotidiano: il sacrificio è parte di noi, addirittura è il motore più robusto che fa girare le nostre esistenze. Il sacrificio vero, come lo ha fatto Cristo, non quello antico o quello perverso, nevrotico e freudiano; quello nuovo, guarito da Dio in persona e finalmente, definitivamente salvifico.

    Non riesco a leggere altrimenti la dolorosa storia piena di gioia, coraggio e avventura di questa mamma che, sostenuta dal marito, ha deciso di custodire la vita del figlio che portava in sé rimandando le terapie oncologiche più aggressive. Lei è Azzurra Carnelos, è morta all’età di 33 anni, quando suo figlio Antonio aveva poco più di otto mesi. Ha voluto dargli il tempo necessario a formarsi, sufficiente almeno perché potesse vivere fuori dal primo rifugio che a tutti noi ha permesso di prepararci alla luce a volte molesta del mondo esterno. Ha deciso insieme al marito di rimandare la chemioterapia perché rischiosa per la salute del loro bambino. Non riteneva accettabile che un farmaco compromettesse il grande bene della vita del figlio, per quanto utile a rallentare l’aggressività del tumore al seno, tornato con crudele tempismo con una recidiva. Questa storia ci ricorda di sicuro quella della Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, ugualmente decisa a proteggere il terzo bambino che portava in grembo, ugualmente capace di negoziare coi medici le cure per il tumore che l’aveva colpita in modo che non nuocessero al piccolo Francesco.

    Su la Repubblica leggiamo che «nel 2019 era stato diagnosticato un tumore al seno. In sogno, ha raccontato lei stessa, la nonna, anche lei vittima di cancro, le aveva suggerito di non mancare i controlli. Così Azzurra Carnelos aveva scoperto quel nodulo maligno e si era sottoposta alle cure indicate dai medici, uscendo da quella prima neoplasia. A febbraio del 2023 aveva annunciato, assieme al suo compagno Francesco conosciuto nel 2013 durante gli studi di Economia bancaria e Finanza, di essere rimasta incinta».

    La cosa che già nell’affrontare le terapie seguite alla prima diagnosi l’aveva preoccupata, era che avrebbero potuto impedirle di concepire e di portare avanti una gravidanza. Invece quella gioia non le è stata negata. Purtroppo però a luglio, quando era già al sesto mese, ha iniziato ad accusare dolori e disturbi. Sono corsi in ospedale a Treviso, racconta il marito Francesco che, nell’intervista rilasciata a Repubblica, racconta con lucidità ed equilibrio la loro storia e specifica con parole nette quanto le decisioni prese durante la gravidanza non siano state in aperta ostilità ai medici, anzi. Avevano fiducia nella medicina e hanno sempre seguito le indicazioni terapeutiche che venivano indicate e motivate dai sanitari.

    È giusto dargli credito e sottolineare questa posizione: sacrificarsi per il proprio bambino non è una decisione grossolana e arrendevole. Hanno valutato passo passo, ascoltando i medici e negoziando le cure che potessero aiutare lei senza aggredire il soggetto più indifeso. Questo è rimasto un principio indiscutibile e in nome di quello Azzurra ha accettato solo farmaci più blandi e ha puntato all’obiettivo della trentaduesima settimana, età gestazionale prematura ma sufficiente a offrire al piccolo Antonio una nascita relativamente sicura. È nato il 2 Agosto, questo bimbo che sembra essere segnato dalla misericordia in ogni sua cellula.

    Subito dopo Azzurra Carnelos ha iniziato i cicli chemioterapici, purtroppo non sufficienti a ottenerle una seconda remissione del tumore. Le hanno però donato la possibilità di vivere con il marito e il figlio per otto mesi e mezzo, attraversando dolori e grandi difficoltà, ma pur sempre nella gioia di averlo conosciuto e averlo protetto quando il suo corpo era l’unico scudo e la sola fonte di nutrimento. Ha fatto in tempo a sentirsi chiamare “mamma”, una tappa che ha sempre del miracoloso (effetto che perde quando questo appellativo viene ripetuto ossessivamente e per qualsiasi tipo di richiesta, fino ai vent’anni inoltrati).

    «La vita va difesa, lo diceva spesso mentre premeva al petto il suo corpicino», racconta Francesco che aggiunge come abbiano vissuto tutto insieme, sostenendosi l’un l’altra e prendendo decisioni condivise. Le ultime settimane le hanno trascorse ideando un piano per crescere Antonio. «Io cambierò lavoro e starò vicino a nostro figlio. Così il suo sacrificio non sarà stato vano», conclude. Nemmeno il suo sacrificio di padre e marito capace di accompagnare la moglie in una scalata tanto impegnativa resterà senza frutto.

    Ci auguriamo che in molti si stringano a lui e al piccolo e mettano in campo la stessa intelligenza pratica e piena di speranza che i due sposi hanno dimostrato fino all’ultimo. Azzurra avrebbe compiuto 34 anni giovedì, domani pomeriggio, invece, saranno celebrati i suoi funerali nel duomo di Oderzo, la loro cittadina in provincia di Treviso. Possiamo essere certi che continuerà ad occuparsi del bene di suo figlio e di suo marito anche adesso, di più ancora. Ora la vita da far nascere e da difendere da possibili veleni è quella eterna.
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    PER CELEBRARE…
    - Come agisce Dio nel mondo? Davanti agli enigmi della storia e dei nostri destini individuali che cosa possiamo dire a proposito? La Liturgia odierna rischiara il nostro cammino di credenti. Gesù, nell’ora della Passione, parla agli apostoli di ciò che costituisce la chiave di volta del messaggio evangelico, l’amore reciproco tra i discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi». Non si tratta di un consiglio, una raccomandazione, ma di un comandamento, che ha la forza di una legge, come il Decalogo… oseremmo dire di più del Decalogo e di tutti i precetti di Israele, in quanto li racchiude, li unifica.
    - La Liturgia di questa sesta Domenica di Pasqua consegna il comandamento dell’Amore come espressione fondante del Mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore Gesù. Ogni giorno scorre verso di noi un fiume d’amore che dilaga nella storia creando il buon terreno. Questo terreno è stato reso fertile attraverso il dono della propria vita da parte di Cristo per produrre il frutto di un’umanità nuova. La condizione perché la Chiesa cresca e perché la Celebrazione dell’Eu¬caristia sia vera è la disponibilità ad accogliere l’amore di Dio e a viverlo nella concretezza quotidiana. Il segno dell’amore fraterno resta anche oggi la testimonianza che può conquistare uomini e donne del no¬stro tempo a Cristo.
    - Oggi la Liturgia invita la Comunità cristiana a ringraziare il Signore che, nel Mistero pasquale, ha manifestato la sua salvezza e la sua giusti¬zia. Dio ci ha amati per primo. Il suo amore diventa in noi sorgente di una missione nella storia: i confini della Comunità cristiana sono aperti a tutti, non escludono nessuno. Testimoniare Gesù con la vita significa diventare costruttori di riconciliazione e di pace. L’amore ricevuto diventa amore do¬nato. La scoperta di Pietro, che Dio non fa preferenza di persone, è destina¬ta a modificare di continuo il volto delle Comunità cristiane di fronte alle diverse tentazioni di chiudersi in sé stesse.
    - Nel cammino di comprensione del Mistero pasquale siamo invitati a soffermarci sulla libertà e universalità dell’amore di Dio, che previene ogni iniziativa umana, e per questo può estendersi anche a chi non lo ha mai conosciuto. L’amore di Dio non è una pura categoria teologica, né un oggetto di cui si possa parlare in termini quasi materiali. Cerchiamo, quindi, di fornire, se non proprio un’esperienza, almeno un tocco di questa incredibile realtà.
    - La forza della Pasqua è forza di liberazione, è la forza liberante dello Spirito di Dio nella storia dell’umanità. La promessa dello Spirito, fatta da Gesù ai suoi discepoli, trova attuazione continuamente nella Chiesa nelle forme più diverse e libere della sua azione: chiamata di persone a seguire Gesù, dono di carismi diversi per differenti ministeri, stimolo a iniziative nuove, movimenti e decisioni che sorprendono... E spesso è proprio di questa libertà dello Spirito suscitare e promuovere “meraviglie di Dio” anche tra non cristiani.
    - Noi siamo quelli che Gesù chiama “suoi amici”; Egli, infatti, ci ha comunicato tutti i segreti della sua vita divina e la sua comunione con il Padre, chiamandoci a far parte di questa Sua vita divina. E, poiché ha dato il suo Spirito, noi possiamo amare come Lui è amato dal Padre e come Egli ama noi. L’amore è possibile; esso non è alla portata umana di per sé, ma dal momento che con la Pasqua il Signore Gesù ha effuso lo Spirito Santo è a noi possibile condurre una vita nello stile di Dio. I frutti della Pasqua, poi, sono comunicati a noi nei Sacramenti dell’Iniziazione cristiana e in ogni Sacramento. In concreto, qual è il segno della Pasqua in noi? E’ l’amore! Quello fraterno, quello capace di dare la vita come Gesù, senza calcoli, quello di non vivere più per sé stessi ma per Lui che è morto e risorto per noi, quello che ci fa essere nel mondo “sacramento” del Padre che è buono e fa sorgere il sole sui buoni e sui malvagi: è l’amore di misericordia! È lo Spirito Santo in noi, effuso su tutti. Il comando di Gesù che comprende l’amore a Dio e tra noi non può che essere adempiuto.
    - La nostra vita cristiana è possibile perché Dio ci ha amato per primo. È lui che ci è venuto incontro quando noi eravamo ancora peccatori. Ci ha fatto conoscere il suo amore mandandoci il suo Figlio. A sua volta il Figlio ama i suoi fino a donare la sua vita per loro. È lui che li ha scelti e a loro ha affidato il grande comandamento dell’amore. Parlando dell’amore, l’evangelista Giovanni non fa una dissertazione, non presenta una nozione astratta. Impegni esigenti legano tra loro tutti quelli che scommettono la vita sull’amore: Dio, Gesù, ciascuno di noi. L’insegnamento dell’apostolo è chiaro: «Chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore». Accade che incontriamo persone che si dicono non credenti, ma la cui vita testimonia una grande dirittura morale e una grande generosità. Praticano i valori del Vangelo e noi scopriamo in loro una sorta di prossimità segreta con colui che noi chiamiamo Dio. Una vita colma di amore per il prossimo in effetti è spesso una via che conduce al Cristo.
    - La promessa dello Spirito Santo fatta da Gesù ai discepoli si attua continuamente nella Chiesa. Ma lo Spirito di Cristo agisce liberamente come dimostra l’episodio narrato nella Prima Lettura: il dono dello Spirito si effonde anche in casa di un pagano, Cornelio. Pietro allora si convince che «Dio non fa preferenze di persone», e battezza i primi pagani.
    - Chi prende l’iniziativa di chiamare gli uomini a far parte del popolo dei battezzati è sempre Dio; la sua iniziativa si chiama Amore (cfr. Seconda Lettura) e vuole raggiungere tutti gli uomini. Questa è la consegna che anche Gesù ha lasciato ai suoi discepoli (cfr. Vangelo). E in questa linea deve svolgersi l’opera della Chiesa. Il senso della libertà religiosa è stata un’acquisizione importante del Concilio Vaticano II. In vari documenti viene affermato il rispetto della credenza religiosa (e dello stesso ateismo) di ogni persona, l’esecrazione di «qualsiasi discriminazione... per motivi di religione» (NA 5), e il significato positivo delle diverse religioni del mondo come imperfetta rivelazione del Dio vero destinate, dunque, ad una pienezza, ma già effettivo bene spirituale, morale, socio-culturale di un popolo. Non sono per questo cessate intolleranze, diffidenze e incomprensioni a livello pratico e quotidiano... La distinzione non passa più nel campo del sacro (o del culto), ma in quello dell’amore fraterno e dell’impegno per la liberazione dell'uomo. Il servizio degli altri può veramente costituire un linguaggio “religioso” di base che accentua ciò che è comune tra chiunque accoglie Cristo nei piccoli e nei poveri, anche senza riconoscerne il volto. È proprio della libertà dello Spirito suscitare nei non cristiani le “meraviglie di Dio”.
    - La Chiesa non ha voluto e non vuole solo per sé l'inalienabile diritto alla libertà religiosa; fondandolo sulla dignità della persona umana, lo ha sottratto ad ogni sfera pubblica, di qualsiasi tipo; il che vuol dire che per i credenti in religioni non cristiane, per gli atei, per gli agnostici, per gli indifferenti, per gli scettici, vale il sistema dell’immunità da coercizioni da parte della pubblica autorità, anche nel caso che essi professino pubblicamente le loro idee. La Chiesa ha accettato lealmente di rinunciare a una situazione di cristianità dalla quale era escluso il pluralismo. Senza optare minimamente per un liberalismo dottrinale che pretenda l’uguaglianza di tutte le religioni, senza rinunciare ad evangelizzare, ma rifiutando di identificare apostolato e crociata, la Chiesa riconosce nel pluralismo della società moderna una situazione che non è opposta al Vangelo. Il Concilio parla esplicitamente di necessità per l’uomo di una “libertà psicologica”, oltre che di “immunità dalla coercizione esterna”. E ciò è affermato per impedire metodi contrari alla libertà e alla responsabilità umana, come sarebbero intimidazioni, lavaggi di cervello, persuasori occulti, torture fisiche e psichiche che tolgono all’individuo la libertà di scelta e il senso di responsabilità. Anche i responsabili dei grandi organi d’informazione (stampa, televisione, cinema) sono tenuti al fondamentale rispetto della coscienza umana. È la verità stessa che lo esige.
    - La preoccupazione di Giovanni per la giovane Chiesa a cui rivolgeva la sua lettera era quella che la carità regnasse tra i vari membri perché fosse conosciuto da tutti l’amore di Dio manifestato nell’invio del Figlio. Questa rimane, in ogni tempo, la condizione per la espansione della Chiesa: gli uomini saranno attirati ad essa dal segno nell'amore fraterno. Le nostre Comunità, le nostre assemblee devono, dunque, essere aperte a tutti: i non cristiani, i poco convinti, gli indifferenti, chi è in situazione di ricerca... Da una parte, l’appartenenza visibile dei cristiani alla Chiesa mediante il Battesimo, la loro esplicita professione di fede nel Signore Gesù che raggiunge il suo vertice nella Celebrazione Eucaristica, devono mostrare a tutti l’oggetto della loro ricerca e il termine della loro avventura spirituale. D’altra parte i credenti, gli “impegnati” debbono rinnovare continuamente la loro disponibilità a vincere la tentazione di non dialogare con chi è fuori dell’area cristiana, a ricordare che «chi teme Dio e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (Prima Lettura). Chiunque incontra assemblee cristiane dovrebbe sentirsi accolto come in casa propria, in una famiglia a cui già concretamente appartiene, fino a che giunga alla piena conoscenza del Dio di Gesù Cristo. Solo così acquisteranno concretezza e credibilità le invocazioni al Paraclito «perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito» (Preghiera Eucaristica III).
    - Si curi la “solennità” della Celebrazione, come già indicato nelle domeniche precedenti: si faccia la processione con la Croce, i ceri, l’Evangeliario. Si usi l’incenso. Si sostituisca opportunamente l’atto penitenziale con il rito di aspersione domenicale con l’acqua benedetta nella Veglia pasquale.
    - La proclamazione della Parola di Dio è un momento importante della celebrazione, una mediazione sacramentale della presenza di Cristo. Ecco perché deve essere realizzata con la massima attenzione, da parte di lettori disposti ad appropriarsi del testo con adeguato anticipo, attraverso una meditazione personale… non ci si può stancare mai di fare questa puntualizzazione!!! Tali indicazioni valgono sempre, ma forse quest’oggi in modo particolare. Ci troviamo, infatti, dinanzi a testi decisivi, in cui ci viene rivelato il Mistero di Dio, che è Amore, e ciò che può divenire la nostra esistenza, trasformata dalla Sua grazia. Veniamo introdotti nell’intimità stessa di Dio: proprio per questo si impongono una preparazione ed un’esecuzione all’altezza di un tale annuncio.
    - L’amore è capace di superare ogni barriera innalzata dal sospetto, dal pregiudizio, dalla cattiveria, dalla disparità di cultura e di interessi. Le sfide che ci presenta la storia, anche nel nostro Paese, sono epocali. Perché non invitare giovani e ragazzi ad evocarle attraverso alcune immagini e alcuni cartelloni che saranno posti all’ingresso della chiesa? Si pensi solamente ai conflitti tra residenti ed immigrati, tra ricchi e precari, tra stabili e nuovi arrivati, tra persone che appartengono a diverse culture, a differenti schieramenti politici, ad altre religioni...
    - Sarà opportuno riprendere in mano, oggi e/o durante la settimana, l’Enciclica “Deus Caritas est” di Benedetto XVI.
    - In questa settimana ci si prepari adeguatamente alla solennità dell’Ascensione del Signore, che celebreremo Domenica prossima.
    - In questo tempo di Pasqua le nostre Comunità cristiane vivono momenti intensi accompagnando bambini e ragazzi ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana. I problemi non mancano: dalla scarsa preparazione, spesso pretesa in tempi limitati e a ridosso del Sacramento, alla saltuaria partecipazione all’Eucaristia domenicale. Le Parola di questa Domenica suggerisce una Comunità cristiana non necessariamente numerosa e tanto meno coincidente con la popolazione residente, ma che riconosce l’amore di Dio, che ci ha avvolto quando eravamo ancora peccatori. Sulla scorta di questo amore divino è possibile vivere delle relazioni significative, capaci di attrarre anche chi sta a guardare. Il Sacramento diventa allora, nonostante tutto, il punto di partenza per un inserimento in una Comunità viva, animata dallo Spirito Santo. Vorremmo tanto che non fosse vanificato l’impegno di Pastori, catechisti e Comunità e che i genitori accompagnassero i figli nella fedeltà a Gesù, così che essi non abbandonino la pratica e l’impegno cristiano. Diceva un parroco: «Sapessi la pena di vederli allontanarsi dopo tanta fatica!». Il problema però non è tanto il dispiacere di chi ha profuso le proprie energie per far loro conoscere Gesù, quanto piuttosto quello che perdono essi stessi: la vocazione cristiana è chiamata a essere uomini e donne “davvero” realizzati. Un cristiano è un uomo, donna, nel senso più vero del termine, regalmente “signore e padrone” dei suoi istinti e passioni che egli incanala come energie di bene. Bisognerebbe fare la carità di aiutare i giovani a comprendere che la disciplina non è oscurantismo e non mortifica l’uomo, anzi lo mette dritto in piedi e lo rende “signore”.

    CANTI
    Introito: Con voce di gioia (Mi invocherà); Un grido di gioia (La Messa cantata); Con voce di giubilo (G. Liberto); Con voce di giubilo (B. Modaro); Con voce di giubilo (Eucaristia sul mondo); Riuniti nel nome del Signore (Riuniti nel Suo nome); Rallegriamoci in lui (Sono risorto e sono con te); Vita di risurrezione (Sono risorto e sono con te); Alleluia, è risorto il Signor (E’ risorto, alleluia); Inno d’amore (G. Liberto); Dio carità (Tu sei il Cristo); Cristo è presente (Cristo è vita); Festa di popoli (Messa dei popoli); In memoria di te (In memoria di te); La nostra lode innalziamo (DDML); Signore, cerchi i figli tuoi (NcdP); Vogliamo cantare l’amore (Ora sei con noi); La festa dell’amore (La nostra Eucarestia); Stringici insieme (DDML).

    Aspersione: Vidi aquam (gregoriano); Ecco l’acqua (A. Zorzi); Ecco l’acqua (S. Mazzarello); Ecco l’acqua (O notte gloriosa); Ecco l’acqua (G. Liberto); Ecco l’acqua (G. Verardo); Ecco l’acqua (Esulta il cielo); Ecco l’acqua (A. M. Galliano, G. V. Tannoia); Ho visto l’acqua sgorgare (S. Di Blasi); Sorgente di grazia (Doni di grazia); L’acqua viva (Lourdes – raccolta multilingue); O Fonte di vita (Pasqua); Vidi l’acqua (Cristo è nostra Pasqua); Ecco l’acqua che dona la vita (Veglia pasquale); Acqua viva (RNCL).

    Presentazione dei doni: Emitte Spiritum tuum (Pentecoste); Effonderò il mio Spirito (Benedici il Signore); Spirito Santo, cuore dell’umanità (DDML); Accogli, Signore (Sacerdote per sempre); Dov’è carità e amore (RNCL); Dove la carità è vera (Cristo è nostra Pasqua); L’amore del Signore (F. Filisetti, V. Miserachs); Ubi caritas (gregoriano); Ubi caritas (L’amore più grande); Dov’è l’amore e la carità (Dalla tua croce); Dov’è carità e amore (Agorà dei giovani)¸ Dov’è carità (O Sacro Convito); Il dono più grande (Sorgente di Vita); Segno di unità (Eucaristia. Cuore della Domenica); La carità (Signore ti sei commosso); Preghiera (P. Fanelli); Spirito d’amore (DDML); Questa santa mensa (J. Gelineau, D. Gianotti); Mi arrendo al tuo amore (DDML); Spirito d’amore (DDML); Vieni Spirito Amore di Dio (Spirito di vita); Vieni, vieni, Spirito d’amore (DDML); Spirito di Dio (NcdP); Spirito del Dio vivente (RNCL).

    Comunione: Questo è il comandamento (RNCL); Li amò sino alla fine (C. Burgio); Li amò sino alla fine (M. Poletti); Non vi chiamo più servi, ma amici (S. Di Blasi); L’amore supremo (L’amore più grande); L’amore più grande (Aprite le porte a Cristo); Il Cristo Signore è risorto (M. Medica, V. Miserachs); Alla tua mensa (E’ il giorno del Signore); O amore ineffabile (Cristo nostra salvezza); Con amore infinito (RNCL); Rimanete in me (DDML); Dio è amore (DDML); Amatevi, fratelli (RNCL); Com’è bello; Signore, stare insieme (NcdP); Nella tua presenza (La tua dimora); Pane del cielo (EDC); Resto con te (Il mistero pasquale); Il tuo amore per noi (La nostra gioia); Noi abbiamo creduto all’amore (Mistero della Fede); Nella notte dell’Ultima Cena (Mistero della Fede); Sei Mistero di fede e d’amore (Mistero della Fede); O Ostia santa (O Luce radiosa); O alta eterna Trinità (Signore ti sei commosso); Tu dimori in noi (A te veniamo con gioia); Davanti a quest’amore (DDML); Il tuo amore è grande (DDML); Sei l’amore senza limiti (E’ l’incontro della vita); Signore, fa di me uno strumento (NcdP).

    Ringraziamento: Fonte viva di consolazione (O Fonte della Luce); Fiamma viva d’amore (Jesus is my life); Atto di amore (Sacerdote per sempre); Sciogliamo lieti un cantico d’amore (Inni e canti); O carità di Cristo (Bone Pastor); Canto all’amore (Sei Dio con noi); Inno d’amore (C’è ancora Amore); L’amore di Cristo (Spirito di vita); Quando al mattino.

    Congedo: L’amore di Cristo (Spirito di vita); Pane per noi spezzato (RNCL); Dio è amore (Canterò al Signore); Con te riprendiamo il cammino (Nella luce del Risorto); E’ tempo di riprendere (Riuniti nel mio nome); Spirito del Padre (NcdP); E’ tempo di annunciare (Sorgente di Vita); Testimoni dell’Amore (Alleluia, è risorto); Se tu sei con me (Spirito di vita); Gesù Cristo è il Signore (Esulta il cielo); E’ vivo il Signore (Lourdes – raccolta multilingue); Santo, vero Spirito del Padre (RNCL); Regina caeli (gregoriano); Regina caeli (Vergine Madre); Regina dei cieli (RNCL); Regina del Cielo (Sono risorto e sono con te); Rallegrati o Maria (Nel Mistero della tua Presenza); Regina dei cieli (Maria Speranza nostra); Gioisci, Regina del Cielo (Madre del Signore); Regina del cielo, rallegrati (Cantiamo la Madre di Dio); Ave, Regina del Cielo (Tu Cristo Sorgente).
  8. .
    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

    “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.

    Questo brano del Vangelo di Giovanni è molto conosciuto. Io l’ho letto tantissime volte eppure vi confesso che soltanto oggi ho notato questa espressione di Gesù che vorrei condividere con voi: “Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia”.

    Come è possibile che un tralcio che è attaccato alla vite non porti frutto? Mi sono voluta documentare e ho scoperto che se ci sono dei funghi nel tralcio, anche se rimane attaccato alla vite, si secca e non porta frutto. Questo vuol dire, per la nostra vita spirituale, che non basta che preghiamo, andiamo in chiesa e osserviamo i comandamenti… ci vuole che non immettiamo in noi veleni, funghi che non ci fanno portare frutto. Quali sono questi veleni? Per esempio facciamo entrare in noi veleni quando ascoltiamo discorsi che ci istigano al male, quando frequentiamo persone che hanno un influsso negativo su di noi, quando stiamo incollati ad internet in generale e particolarmente ai social, quando guardiamo programmi superficiali a oltranza (non parlo del sano divertimento che prevede anche il guardare programmi leggeri e/o comici; abbiamo bisogno anche di rilassarci), quando partecipiamo a conversazioni basate sul pettegolezzo se non addirittura sulla calunnia etc.

    In questi casi, anche se continuiamo a rimanere attaccati a Gesù con la preghiera quotidiana, non portiamo frutto ma ci secchiamo. Possiamo quindi vedere se per caso anche in noi ci sono questi funghi e chiedere la Grazia al Signore di liberarcene ricordando che Dio vuole sempre la nostra collaborazione.

    Quindi Dio ti dirà: “Vuoi liberarti dalla dipendenza dal cellulare? Bene: fatti dare da tua mamma il cellulare solo un’ora al giorno. Vuoi essere calmo e non scagliarti contro tua sorella? Oggi sorprendila con un atto di gentilezza.

    Un altro particolare che mi ha colpito oggi riguarda la potatura.

    Sapete che vuol dire potare? Potare significa tagliare. Il taglio lì per lì fa male, ma serve moltissimo sia alla salute della pianta che alla bellezza della pianta.

    La potatura della vite consiste in tagli e manipolazioni dei rami e dei tralci per dare una forma ben definita all’intero impianto viticolo. La potatura permette di controllare la crescita, favorisce la produttività, previene le malattie, rende più bella la pianta Esistono diversi tipi di potatura: la potatura d’inverno, la potatura d’estate, la potatura di allevamento, la potatura di mantenimento, la potatura da trapianto etc. ne esistono quindi tanti tipi; ma una cosa interessante è che la potatura deve essere sempre fatta sulle altezze cioè la direzione della potatura deve essere sempre verticale. La regola di base dice che un albero da frutto deve restare sempre piccolo e svilupparsi in orizzontale perché quelli più alti portano meno frutto. Questo che vuol dire per la nostra vita spirituale? Che anche noi dobbiamo rimanere piccoli, umili. Se rimaniamo umili portiamo molto frutto. Dunque la potatura è sempre verticale. Se facciamo le impennate non siamo fruttiferi. Dobbiamo cioè smorzare tutti quei toni di superbia che si affacciano all’orizzonte. Il proposito di oggi per tradurre nella pratica questa parabola del Vangelo potrebbe essere quello di non immettere nella nostra vita veleni (conversazioni inappropriate, pettegolezzi, dipendenza dal cellulare, programmi che ci incitano al male, frequentazione di persone, luoghi o comitive a rischio etc.) o quello di compiere nell’arco della giornata almeno un atto di umiltà come ad esempio: non avere l’ultima parola in una discussione, cedere anche se abbiamo ragione, lodare qualcuno soprattutto se lo consideriamo rivale, accettare una critica senza ribattere, non vantarsi di qualche dono che abbiamo, etc..

    Concludiamo allora pregando così: “Signore Gesù ti ringraziamo perché con la parabola della vite e dei tralci ci hai fatto capire l’importanza di essere uniti a te non solo per sperimentare il tuo amore, ma anche per essere capaci a nostra volta di amare. Procedi pure nella potatura di questa pianta che siamo noi perché possiamo ogni giorno di più portare frutto ed essere belli per Te!”.
  9. .
    Lunedì 15 aprile 2024 – III Settimana di Pasqua – ANNO B


    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.
    Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
    Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
    Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».»
    Gv 6,22-29


    Come vivere questa Parola?

    Gesù non risponde alla domanda «Rabbì, quando sei venuto qua?» ma alle reali intenzioni della gente. Così facendo, separa ciò che non ha importanza (come è arrivato qui), ciò che ha importanza relativa (il cibo materiale) e ciò che ha importanza reale (l'impegno umano a cui vuole condurli).
    «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Il "segno" era un invito alla condivisione, ma loro erano interessati solo a soddisfare i propri bisogni. Hanno svuotato il "segno" del suo contenuto.
    Questa ricerca di Gesù non è corretta, perché essi cercano solo rassicurazioni. Gesù va dritto al punto e smaschera la loro intenzione. Non cercano lui, ma il pane che ha dato loro. Non lo cercano perché ha aperto la porta a un futuro più umano.
    «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà». La proposta di lavorare per il cibo che dà la vita è la sintesi di tutto il suo messaggio. È lo stesso per quel tempo e per oggi.

    Signore Gesù, voglio stare con te perché sei il cibo che dà senso e pienezza alla vita.

    La voce di un teologo
    “La ricerca del vero pane richiede uno sforzo. È un percorso di lotta, di superamento, di purificazione, di rigenerazione, di morte e di nuova nascita”.
    (frai Marcos)


    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
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    14 aprile 2024 - III DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA – ANNO B


    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «[i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
    Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
    Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
    Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».»
    Lc 24,35-48


    Come vivere questa Parola?

    Nei racconti di apparizioni del Risorto, alla paura iniziale succede la gioia. La prima è associata a chiusura, ripiegamento e buio. La seconda alla presenza innegabile. Così innegabile per loro che sentono il bisogno di plasmare la loro certezza in un racconto che - infrangendo tutte le leggi della fisica - presenta il Risorto nell'atto di mangiare, come se di un essere corporeo si trattasse. Era questo il loro modo di insistere sull'intensità con cui percepivano la sua presenza.
    Anche noi siamo stati invitati a passare dalla paura alla gioia. Da qualcosa che abbiamo (o possiamo avere: paura) a quello che siamo veramente (gioia, godimento).
    Il fatto che Gesù abbia mangiato un pezzo di pesce poteva essere una prova forte per i discepoli, ma non per i lettori del Vangelo, che dovevano compiere un nuovo atto di fede: credere a ciò che Luca ci racconta. Per questo Luca aggiunge un breve discorso di Gesù rivolto a tutti noi: in esso non intende dimostrare nulla, ma spiegare il significato della sua passione, morte e risurrezione. E l'unico modo è aprire la nostra comprensione per capire le Scritture. Attraverso di esse, attraverso quelle annunciate da Mosè, dai profeti e dai salmi, viene illuminato il mistero della sua morte, che è per noi causa di perdono e di salvezza.
    Le ultime parole di Gesù annunciano il futuro: "Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni". La frase finale "di questo siete testimoni" sembra rivolta a noi, dopo venti secoli. Siamo testimoni della diffusione del Vangelo tra persone che, come dice la prima lettera di Pietro, "lo amano senza averlo visto". Questa è la migliore prova della risurrezione di Gesù.
    Signore Gesù, ti chiedo, di aiutarmi a sentirmi inviato, un inviato felice perché ti annuncio, Signore della vita.

    La voce di un proverbio
    "Ciò che prova troppo non prova nulla".
    (Proverbio scolastico)

    Commento di Sr Yarislet Berrìos FMA
  11. .
    Sabato 13 aprile 2024 - II SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti».
    Gv 6, 16-21


    Come vivere questa Parola?

    La sensazione di precarietà che talvolta invade la nostra vita, è ben evidenziata dall’esperienza dei discepoli che remano una notte intera su di un mare agitato. La loro fatica non riesce a reggere l’impatto con la realtà che stanno vivendo, ma proprio quando la situazione sembra essere bloccata: “videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca ed ebbero paura”. Il suo arrivo, inizialmente, non li tranquillizza; i veri cambiamenti non li accogliamo sempre volentieri. Tra di essi, Lui è quello autentico e fondamentale. La reazione dei discepoli ci insegna a diffidare da un Vangelo che rassicura. La Parola è una provocazione alle nostre finte sicurezze, una destabilizzazione che fa crollare gli idoli che spontaneamente si vengono a creare dentro di noi, soprattutto quello di un Dio “a nostra immagine e somiglianza”. Soltanto così, però, possiamo incontrare ed entrare in relazione con il Signore, sempre più grande persino delle nostre aspettative. La paura subentra perché ci si sente abbandonati all’instabilità del mare, ma è quando si vince la paura del cambiamento e lo si accoglie, che nel cuore e dentro la vita tutto cambia, si compie, giunge alla meta. Si può vivere senza Gesù nella propria vita ma la pienezza è con Lui in cammino con noi.
    Vorrei smettere di “cambiare il mare” e affidarmi alla sicurezza della Tua presenza di pace, di serenità, di bellezza.

    La voce di un pittore
    “Il cuore di un uomo è molto simile al mare: ha le sue tempeste, le sue maree e nelle sue profondità ha anche le sue perle”.
    (Vincent Van Gogh)


    Commento di Suor Emilia Di Massimo FMA
  12. .
    Venerdì 12 aprile 2024 - II SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini».
    Gv 6, 1-15


    Come vivere questa Parola?

    L’esperienza di Filippo è la stessa esperienza che facciamo noi quando, davanti alla sproporzione delle cose che ci accadono, ci sentiamo rivolgere la stessa domanda: “E adesso dove troverai tutte le forze per affrontare questo?” C’è sempre la consapevolezza di un grande divario tra le nostre forze e quanto dobbiamo affrontare. Se ci pensiamo davvero, sperimentiamo lo stesso spaesamento che avrà provato il povero Filippo. Solo un miracolo può salvarci. E il miracolo accade mediante un ragazzo, con l’umile riconoscimento di ciò che si ha, più che fare l’elenco di quanto ci manca, mentre Gesù moltiplica “il poco”: cinque pani e due pesci. Erroneamente pensiamo che quanto abbiamo non valga nulla, mentre non è così solo se lo affidiamo a Lui, a tal punto che non solo basta ma avanza. È il miracolo del possibile offerto con fiducia. Dovremmo diventare esperti nel fare questo tipo di miracoli, ovvero fare quanto ci è possibile senza pretendere da noi stessi l’impossibile. Perché questo lo fa Lui.
    Mi chiedo che cosa mi impedisce di guardare al cielo, chi me lo ricorda, chi sono chiamato ad aiutare perché possa anche lui alzare lo sguardo.

    La voce di un drammaturgo
    “Si soffre molto per il poco che ci manca e gustiamo poco il molto che abbiamo.”
    (William Shakespeare)


    Commento di Suor Emilia Di Massimo FMA
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    Giovedì 11 aprile 2024 - II SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA - Santo Stanislao - Memoria

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui».
    Gv 3, 31-36


    Come vivere questa Parola?

    Sembra che la Resurrezione sia ancora fatto difficile da spiegarsi; hanno fatto fatica i discepoli, facciamo fatica noi. Forse la resurrezione ci destabilizza perché, come la morte in croce, colpisce direttamente la nostra immagine di Dio. Ci urta fortemente credere che i nostri fallimenti non sono l’ultima parola sulla nostra vita: in un certo senso sono una via per mettere noi stessi al centro della nostra attenzione. Giovanni oggi si rivolge ai suoi discepoli che cominciano a credere di aver “sbagliato bersaglio”. È la stessa incredulità degli apostoli, chiusi nel cenacolo, davanti al Risorto. Eppure l’annuncio di oggi ci offre una nuova prospettiva: Giovanni ci invita a guardare chi viene dal cielo, ad alzare la testa dalle nostre piccole grandi paure; ci dice che, per comprendere i gesti di Gesù, la croce, la resurrezione, bisogna sapere che Dio dà lo spirito «senza misura». È questo amare senza misura l’unico modo di amare autenticamente e di accogliere la testimonianza di colui che «Dio ha mandato». Solo in tale logica si riesce a comprendere che l’annuncio di Gesù non compete con quello Giovanni: entrambi, invece, risuonano reciprocamente. È bello che sia Giovanni a dircelo, uno di noi, uno che «appartiene alla terra», uno con le nostre stesse paure, che tuttavia non impediscono di «preparare la strada», di vivere gratuitamente, di gustare il Suo amore nel qui e ora.
    Mi chiedo che cosa mi impedisce di guardare al cielo, chi me lo ricorda, chi sono chiamato ad aiutare perché possa anche lui alzare lo sguardo.

    La voce di un romanziere
    “Cercate di conservare sempre un lembo di cielo sopra la vostra vita”.
    (Marcel Proust)


    Commento di Suor Emilia Di Massimo FMA
  14. .
    Mercoledì 10 aprile 2024 - II SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».»
    Gv 3, 16-21


    Come vivere questa Parola?

    Ombra e luce: dinamiche trasversali alla storia dell’umanità, s’intrecciano di continuo anche nella nostra storia. Quante ombre e quante luci ci attraversano ogni giorno, quanti desideri veri e quante maschere? A volte tendiamo a proiettare fuori i conflitti che sono nel nostro cuore, pretendendo di essere noi a tracciare la barriera tra il bene e il male e di ripararci al di qua di questa. Fare luce, però, significa fare verità: lasciare che quello che ci abita venga illuminato da una luce che non è né inquisitoria, né giudicante. Una luce che ci aiuti a guardarci fino in fondo, che sappia attraversare le resistenze che si annidano nelle nostre ombre: quelle che non vogliono fare la fatica di mettersi in gioco, di sbilanciarsi nel vuoto, di provare a immaginarsi in maniera diversa. Senza la pretesa di fare tutto e subito, senza lasciarsi accecare: chi fa la verità va verso la luce, in un cammino continuo. In questo cammino, l’amore di Dio si fa presente offrendoci un compagno di strada: Gesù.
    Una sosta per riconoscere che cosa e perché faccio fatica a portare alla luce con verità, ma soprattutto per incontrare Gesù nel mio cuore e nella mia quotidianità.

    La voce di uno scrittore
    “Tutta la verità, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce”.
    (Lev Tolstoj)


    Commento di Suor Emilia Di Massimo FMA
  15. .
    Martedì 09 aprile 2024 - II SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA

    DALLA PAROLA DEL GIORNO

    «Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo».
    Gv 3, 7-15


    Come vivere questa Parola?

    I dialoghi nel vangelo di Giovanni hanno la tecnica narrativa del fraintendimento, eppure questo fraintendimento – facile anche per noi, perché Gesù sembra non parlare di cose semplici – non nasce dal fatto che l’argomento in questione è difficilissimo ma, al contrario, perché è estremamente semplice: quando non riusciamo a scorgere un dettaglio è perché è troppo visibile. Gesù parla di una “rinascita dall’alto”, certamente c’è una profondità difficile da scandagliare, ma, prima di tutto, c’è l’evidenza: continuamente, nella nostra vita, affrontiamo piccoli o grandi “morti” e ogni volta siamo chiamati a “rinascere”. Si rinasce sempre dall’alto, perché è solo con la forza “dell’alto”, di qualche ragione più profonda, di qualche incoraggiamento inaspettato, di una speranza più autentica, che riusciamo a rialzarci. Tutta la nostra esistenza è scandita da questa regola di spirito di gravità e spirito di “altezza”. Essere “nati dallo Spirito” significa incominciare a vivere come lui, che si sente ma non si sa “da dove viene né da dove va”: significa essere liberi. Liberi dalla disperazione per ogni fallimento, liberi dall’auto giudizio sulle nostre fragilità, liberi dalla paura del giudizio altrui. Questa libertà, che viene dallo Spirito di Dio, che è amore, è la vera libertà nascosta in ogni occasione della vita, felice o triste che sia. È la chiave dell’autenticità e della vera gioia. È nascosta in evidenza in ogni dove.
    In quale momento della mia vita ho chiaramente sentito il Signore farmi “nascere dall’alto”?

    La voce di un poeta
    “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno”.
    (Pablo Neruda)


    Commento di Suor Emilia Di Massimo FMA
11591 replies since 12/3/2012
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